domenica 11 giugno 2017

Wonder Woman: girl power a Hollywood

Uscito nelle sale cinematografiche lo scorso 1° giugno, Wonder Woman è stato il Cinecomic DC che ha incassato di più al botteghino nel giro di una settimana.
Il motivo di tale successo è dovuto sicuramente al fatto che Diana (Gal Gadot), la splendida amazzone, riesce a spiazzare tutti non solo con le sue doti da abile guerriera, ma soprattutto per la sua grande umanità. Ma andiamo per gradi.
Il personaggio di Wonder Woman mancava decisamente da decadi sul grande schermo, la DC (ma in generale le case di produzione dei film ispirati ai supereroi dei fumetti), ha voluto puntare sempre su eroi maschili, coraggiosi e intrepidi, dove le donne rimanevano un po’ nella loro ombra. Visti gli incassi al botteghino, direi che questa formula non sempre ha funzionato se consideriamo le ultime pellicole uscite di recente, come Suicide Squad e Batman Vs Superman.
Wonder Woman è la dimostrazione perfetta di cosa voglia il pubblico in un Cinecomic: combattimenti, forza fisica, certo, ma anche pietas, dolcezza e compassione. Tutte caratteristiche che la nostra eroina possiede grandemente.

Sicuramente in passato, questo personaggio è stato assente nelle sale cinematografiche perché l’industria stessa aveva paura che potesse esserci un personaggio femminile così potente, una donna che era capace di essere violenta e seducente allo stesso tempo. Si aveva paura del femminismo in un universo prettamente governato prettamente da eroi maschili, uomini forti il cui compito spesso era quello di salvare la donna, piuttosto che schierarsi con essa. Adesso possiamo certamente dire che le cose sono cambiate, i tempi sono maturi, e finalmente anche Wonder Woman ha avuto lo spazio che si meritava.

L’ho trovata un’eroina decisamente positiva, ironica, con le sue debolezze, certo, ma che comunque ha saputo distinguersi oltre la bellezza esteriore; ho apprezzato molto il suo spirito pacifista, forse a volte troppo ingenua, ma pronta a lottare per uno scopo “alto” pur di salvare i più deboli.
Il contesto della prima guerra mondiale è stato, a mio parere, perfettamente costruito e i fatti di fantasia si inseriscono perfettamente in quel contesto storico senza risultare solo semplice sfondo per i combattimenti tra “buono e cattivo”, come in realtà spesso succede negli altri Cinecomic.

Di sicuro il merito di tanto successo è dovuto alla regista Patty Jenkis, non a caso è stata una donna a dirigere questo film, e il girl power è infatti il suo l’elemento chiave.
Lei stessa in molte interviste ha dichiarato che il modo di combattere di Wonder Woman e delle amazzoni in generale, differisce molto dallo stile dei supereroi; non combattono come degli uomini e per la regista era importante che questo fosse mostrato al pubblico. Oltre a usare delle capacità particolari, attaccano come se fossero una squadra, usando delle strategie che vanno oltre ai semplici “super pugni” a cui siamo sempre stati abituati. Le amazzoni sono un vero e proprio “team work”.

Concludo dicendo che pur rimando un Cinecomic classico, con una trama e una morale semplice (attenzione, semplice, non banale), è allo stesso tempo divertente, romantico ed eccitante. Insomma, assolutamente da vedere!



Eleonora Giovannini



venerdì 28 aprile 2017

Il fenomeno di Thirteen Reasons Why

La serie tv “Thirteen reasons why”, sta letteralmente spopolando sia in Italia che all’estero; è infatti diventata un cult a soli pochi giorni dall’uscita sulla ormai famosa piattaforma streaming Netflix. Ho cercato, quindi, di analizzarla per capire cosa ci fosse dietro ad un tale successo.

Tratta dall’omonimo romanzo del 2007 di Jay Asher, è incentrata sulle drammatiche vicende di alcuni episodi di bullismo, avvenute tra le mura scolastiche, nei confronti dell’adolescente Hannah Backer.
Premettendo che non ho avuto occasione di leggere il romanzo, mi esprimerò soltanto sul telefilm.

Quello che colpisce subito, risiede principalmente sulla trama iniziale con cui si aprono le vicende: Hannah Backer, di soli 17 anni, si è tolta la vita. Già questo è un interessante imput per invogliare il telespettatore a proseguire la serie e cercando di scoprire, episodio per episodio, i motivi per cui la protagonista sia arrivata a compiere un gesto così forte; non solo, ma quello che in realtà più cattura lo spettatore, sta nel fatto che Hannah ha lasciato 13 cassette, in cui lei stessa spiega le ragioni della propria drammatica scelta. Queste cassette sono destinate a tredici dei suoi compagni di liceo, i quali, una volta ascoltate tutte, dovranno passarle alla persona successiva: tutti coloro che sono dentro le cassette, sono responsabili della morte di Hannah.

Tredici episodi per tredici cassette, nei quali saremo completamente immersi grazie alla voce narrante di Hannah e ai flashback; una serie tv che ci lascia con la suspance fino alla fine senza risparmiarsi niente. Ognuno dei personaggi presenti ha delle caratteristiche precise, pregi e difetti, e tutti vengono sviscerati fino in fondo, facendoci provare a vedere le cose dal punto di vista di ciascuno (non solo quello di Hannah). Vittime e carnefici.
Nel complesso questa serie non può essere considerata un capolavoro, in quanto la regia non spicca per particolarità importanti. Tuttavia un prodotto di fattura cinematografica/televisiva/letteraria/musicale deve essere sia  giudicato da un punto di vista oggettivo ma anche soggettivo, quello che conta sono le emozioni che ci suscita guardandolo.
Penso che “Thirteen reasons why” abbia lasciato in chi l’ha apprezzato, qualcosa nel profondo.
Perché certe scene, certi dialoghi, certe situazioni, colpiscono e fanno male dentro, tanto da non riuscire a non pensarci per giorni una volta che si è finito. Molti l’hanno definita una coltellata allo stomaco. E questo è lo scopo che i registi, i produttori e gli sceneggiatori si sono prefissati: cercare di raccontare una storia che riguarda tutti noi, perché anche noi abbiamo vissuto quelle situazioni, nel modo più realistico possibile, e farci mettere nei panni della persona che sta dall'altra parte, quando l'abbiamo attaccata non per forza fisicamente ma anche solo verbalmente, psicologicamente.
“Thirteen reasons why” vuole farci parlare dell'argomento. A tutti. Dal ragazzo bullizzato al bullo. Dal genitore al professore.

Eleonora Giovannini





mercoledì 1 febbraio 2017

La La Land, quando il cinema diventa arte

La La Land è stato decisamente il film più atteso di questo mese, complice sicuramente il fatto di aver vinto ben 7 Golden Globe (su sette candidature).
Capolavoro annunciato sia dalla critica che dal pubblico, è sbarcato nei cinema italiani lo scorso 26 gennaio, con l’intento di conquistare anche il nostro Paese.
A sentire i pareri di chi l’ha visto, sembrerebbe che ci sia riuscito senza il minimo dubbio, anche se non sono mancati commenti negativi a riguardo. Molti lo hanno criticato perché manca di originalità e risulta essere troppo citazionista, poiché nella pellicola sono stati inseriti diversi richiami a musical d’autore che hanno fatto la storia. Un film troppo ambizioso quindi?
Non solo, oltre a ciò è stato detto che La La Land non si è meritato tutte le candidature per cui è in lizza nei prossimi Academy Awards (ben 14 candidature!), anche perché dal punto di vista della trama non spicca per essere un film che saprebbe distinguersi come cult.

Andiamo dunque per gradi.
Sicuramente la pellicola è un ottimo prodotto, la fotografia è qualcosa di sublime; paesaggi mozzafiato, scene dal sapore onirico, colori sgargianti... niente su cui discutere. Lo stesso senz’altro vale per la colonna sonora e la regia che fa del piano sequenza il proprio cavallo di battaglia; per non parlare della bravura e della sintonia degli attori (Emma Stone e Ryan Gosling) che sanno coinvolgere lo spettatore come non mai.
La trama, è vero, non spicca per originalità, ma diciamocela tutta, è pur sempre un musical e un musical, per quanto bello possa essere o originale, è pur sempre un musical e la storia deve essere costruita in modo tale che faccia volutamente leva sul lato sentimentale del pubblico… anzi a dirla tutta il finale penso che sia qualcosa di terribilmente bello, di sicuro non conforme ai soliti “happy ending” alla Grease o ad altri musical hollywoodiani degli anni ‘50.

Il film si ispira, come anticipato in precedenza, ai musical degli anni ‘40 e non solo, più che citazionista in senso negativo del termine, è un film che vuole omaggiare quel tipo di cinema; non a caso riprende molte delle scene che in essi erano racchiuse e le confeziona in un prodotto magico. Tutte queste “citazioni” risultano comunque essere armoniche e credibili, anzi riescono ad acquisire una propria identità.

La storia si svolge ai giorni nostri, anche se questa impressione ci è data solo da alcuni richiami bruschi alla realtà  (come lo squillo di un telefonino) che si intervallano tra una canzone e l’altra, altrimenti il sapore che si respira è quello di stare osservando la storia di due persone accaduta in un tempo non ben definito; moderno ma nello stesso momento vintage, dal sapore retrò, tipico degli anni cui la pellicola fa riferimento.
L’unica pecca che son riuscita a trovargli sta forse a livello di sceneggiatura; senza fare spoiler, sono dell’idea che le vicende dei protagonisti, verso la fine del film, avrebbero dovute essere state affrontate più da vicino, che fosse stato chiarito meglio il rapporto tra i due spiegando in maniera più plausibile le ragioni di determinate scelte (se avete visto il film, capirete).


Per il resto, credo che La La Land meriti senz’altro di essere visto, sia che siate amanti del musical, sia che non lo siate.
E’ un vero e proprio incontro tra spettatore e cinema, o meglio, con l’essenza del cinema. Una pellicola che tocca vette altissime di estetica e si fa apprezzare senz’altro per lo stile, ricercato e mai banale. Un film che non annoia nonostante le due ore di durata e che vi farà uscire dalla sala letteralmente con le lacrime agli occhi!
Se valga 14 candidature sta a voi deciderlo secondo il vostro gusto personale, ma a prescindere da questo, penso che se un film finisce per essere una gioia per gli occhi e per il cuore, è senza dubbio un film ben riuscito.


Eleonora Giovannini





lunedì 23 gennaio 2017

Una serie (Netflix) di sfortunati eventi


Ormai è un dato di fatto: le serie tv targate Netflix non finiscono mai di stupire! Avevamo già avuto un assaggio lo scorso anno, quando “Stranger Things” è diventato nel giro di qualche mese un vero e proprio telefilm cult, conquistando il cuore di grandi e piccini.
Questa volta Netflix ci riprova, riuscendoci perfettamente, con un’altra serie affascinante e coinvolgente come non mai; tratta dall’omonimo romanzo di Lemony Snicket (pseudonimo di Daniel Hadler), sto parlando di “Una serie di sfortunati eventi”, una collana di brevi romanzi (quattordici in totale) di cui sono protagonisti tre giovani fratelli, Violet, Klaus e Sunny, rimasti improvvisamente orfani e casualmente affidati ad un losco individuo che si fa chiamare “Conte Olaf”, attore di dubbia bravura e abile furfante, il quale cercherà con ogni mezzo possibile, di mettere le mani sulla cospicua eredità dei tre fratelli, lasciatagli dai defunti genitori.

La serie si caratterizza per uno stile che sa conquistare subito visivamente lo spettatore; i colori e gli spazi ben definiti e simmetrici, ricordano un po’ la regia di Wes Anderson, ma riescono ad acquisire una propria identità.
Le vicende seguono in modo pedissequo i libri, infatti, ogni puntata è divisa in due parti e ognuna di essa non fa altro che raccontare quello che succede in ciascun libro (un libro per due puntate). Finora sono uscite otto puntate che riguardano rispettivamente le storie narrate nei primi quattro libri.
Il telefilm si distingue inoltre per una spiccata ironia, basata molto spesso sul no-sense ma che è in grado di risultare perfettamente credibile con il senso generale della storia e le avventure dei protagonisti. Gli stessi, sono qui rappresentati in modo molto caricaturale ma la loro psicologia risulta essere ben strutturata.

Quello che colpisce di questa serie tv, sono sicuramente i ragazzini, con una intelligenza decisamente spiccata rispetto alla loro età (anche la sorellina più piccola, Sunny, che ha solo pochi mesi di vita, risulta essere una spanna sopra agli adulti). I “grandi” sono qui descritti come persone totalmente incapaci, facilmente ingannabili e privi di senso della realtà. Tutte queste caratteristiche sanno inserirsi in modo coerente nella narrazione, dando vita a dei bellissimi momenti comici.
“Una serie di sfortunati eventi” infatti mette proprio in luce il rapporto del mondo dei più piccoli con quello degli adulti, incapaci il più delle volte di comprendere le ragioni dei bambini, troppo spesso considerati “ingenui” e “innocenti”.

Il genere è essenzialmente quello che si può definire “dark comedy”, poiché i fatti narrati, benché siano intrisi di tragicità, vengono affrontati in chiave comica, alleviando il peso che avrebbe avuto la trama di per sé. Anche la sigla, che anticipa le terribili avventure dei fratelli Baudelaire, risulta essere comunque leggera e, a tratti, quasi divertente.

La serie è certamente studiata per un pubblico giovane e ciò lo si evince dal modo in cui ogni puntata è strutturata e da come vengono dipinti i personaggi; lo stesso Conte Olaf (interpretato dal magistrale Neil Patrick Harris, conosciuto principalmente per il ruolo di Barney nella sitcom “How I Met Your Mother”) che è il “cattivo” dell’intera serie, risulta essere comunque un personaggio un po’ agli antipodi rispetto al classico antagonista, perché spesso e volentieri compie delle azioni al limite della comicità.

Quello che secondo me manca, forse, a questo telefilm, è un po’ più di ritmo; le puntate, pur essendo ben strutturate dal punto di vista della sceneggiatura e della trama, a volte risultano essere ripetitive e finiscono con l’avere un finale scontato, “già visto”. Ciononostante rimane un prodotto degno di essere fruito e comunque ottimo, soprattutto perché il finale lascia aperte infinite possibilità di interpretazione e arriveremo alla fine con un sacco di interrogativi (ma per questo non vi preoccupate, perché Netflix ha già annunciato che ci sarà una seconda stagione!).
Insomma, “Una serie di sfortunati eventi” vi piacerà sia se siete appassionati ai libri, sia se non li avete letti: è un telefilm che almeno una visione se la merita in ogni caso!
Eleonora Giovannini


domenica 25 dicembre 2016

Un telefilm al giorno | The Young Pope

Sorrentino, mi duole ammetterlo, non rientra tra i miei registi italiani preferiti. Pochi sono stati i suoi film che davvero mi hanno conquistata, This must be the place e Il divo sono gli unici due, che, secondo il mio umile parere, meritano di essere visti; naturalmente è un mio contestabilissimo gusto personale, di certo non metto in dubbio le doti artistiche del regista, ma stilisticamente non rientra tra i miei preferiti.
Ammetto, quindi, mio malgrado di essermi approcciata a The Young Pope con un grande scetticismo, aspettandomi il classico prodotto "alla Sorrentino". Che dire, sono stata felicissima di ricredermi sotto mille punti di vista. L'ho adorato, dalla prima all'ultima puntata.
Perché io ragazzi son così, se una cosa mi piace, mi piace, e sono la prima a ricredermi positivamente quando le mie aspettative vengono ampiamente ricompensate in maniera totalmente inaspettata.

Ma andiamo per gradi. The Young Pope è una serie tv prodotta da Sky Atlantic ed HBO che vede tra il cast un gran numero di volti noti del grande cinema internazionale (Sorrentino c'è da dirlo, ha una cerchia di amicizie piuttosto importanti) come Jude Law, Diane Keaton e James Cromwell.

Le vicende vedono protagonista il giovane papa Lenny Belardo, scelto per tale ruolo dagli altri cardinali allo scopo di farlo diventare un possibile burattino da poter manovrare a proprio piacimento per i loro scopi poco limpidi. Tuttavia Lenny, figura tormentata e controversa, si rivelerà essere tutt'altro che manipolabile, anzi, si dimostrerà essere molto fermo e deciso nelle sue posizioni, andando spesso contro la prassi del proprio ruolo.
Figura contraddittoria, questo giovane papa saprà farsi amare e odiare allo stesso tempo perché se da un lato vuole riportare la Chiesa alla sua arcaicità, come ad esempio con l'abolizione dei preti omosessuali, dall'altro è un uomo attento, buono, che si interessa del prossimo, degli emarginati, degli oppressi e di chi più di altri soffre. Un papa ma soprattutto un uomo capace di saper cambiare idea, di crescere. E' allo stesso tempo innovatore, fuma, rompe gli schemi, non vuole farsi fotografare in pubblico e rifugge qualsiasi norma burocratica del Vaticano.
E' proprio la sua figura tormentata a svelarci, col susseguirsi delle puntate, il suo dolore per l'abbandono dei suoi genitori quando era piccolo, e il seguente rapporto "burrascoso" con la figura di Dio verso cui prova sia odio che immensa devozione.

Sorrentino è stato in grado di regalarci una serie tv che assomiglia molto ad un'opera d'arte, che scorre come un libro che ci piace tanto da non voler arrivare all'ultima pagina. E' una serie tv che non giudica né si schiera a favore o contro la Chiesa e Dio, ma semplicemente espone i fatti e vuole raccontare una storia.
In questo caso, il regista è stato in grado di inserire in modo del tutto credibile e di grande effetto, delle bellissime immagini oniriche ed innovative che, nel caso di un contesto quale quello della fede, calzano davvero a pennello. Bellissimi anche i monologhi di Lenny, ricchi di pathos ma soprattutto sempre portatori di un messaggio di amore; l'amore che più di ogni altra cosa è al centro delle vicende umane e che la Chiesa stessa dovrebbe essere in grado di saper promuovere.
Una serie tv bella, da guardare anche (e soprattutto) se siete atei, perché pregna di un significato universale capace di arrivare a tutti.

10/10


Eleonora Giovannini




I "must see" del 2016 | Film

Dopo una lunga assenza, torno a scrivere sul mio amato blog. Ebbene, nonostante il mio tempo sia sempre più limitato e l'università si fa sempre più impegnativa, la mia passione per il cinema non accenna ad attenuarsi (e meno male, aggiungerei!).
In questo post vi propongo una mia personale classifica dei film del 2016 che ho visto e che, secondo il mio modesto parere, meritano di essere visti. Quest'anno ne ho davvero visti moltissimi, per cui ammetto che è stato davvero difficile scegliere, ma bando alle ciance, iniziamo subito!
Naturalmente ci tengo a precisare che non è una classifica.

1. La pazza gioia
Virzì è tornato a far parlare di sé ed emozionarci con questa pellicola che ha saputo affrontare, in maniera struggente e delicata, un problema così importante come la malattia mentale. Ambientato nella campagna Toscana, "La pazza gioia" è un film che si fa apprezzare per la personalità delle decisamente "eccentriche" protagoniste che, a dispetto delle loro condizioni, risultano del tutto credibili, in grado di commuovere lo spettatore come non mai. Promosso a pieni voti!

2. Zootropolis
Appena candidato ai prossimi Golden Globe, questo film Disney si distacca totalmente dai classici a cui siamo abituati. Dimentichiamoci di principi e principesse, ma entriamo in un mondo popolato totalmente da animali, in cui è proprio la coniglietta protagonista a distinguersi per la sua tenacia e la voglia di realizzarsi, in una società fortemente discriminante.

3. Alla ricerca di Dory
Per continuare sul filone dei film di animazione, questo gioiellino firmato Pixar non delude le aspettative. Secondo capitolo di "Alla ricerca di Nemo", il film stavolta si concentra sulla ricerca di Dory, la tanto amata pesciolina blu; divertente e coinvolgente come non mai, lasciatevi trasportare in questa stramba avventura nel blu degli abissi insieme a nuovi buffissimi personaggi e a quelli cui siamo sempre stati affezionati. Adatto a grandi, piccini e a giovani adulti non del tutto cresciuti.

4. Animali fantastici e dove trovarli
Spin-off della saga di Harry Potter, Animali Fantastici è una vera e propria chicca per i fan e non solo! Ambientato nella New York degli anni '30, il film sa regalarci di nuovo quell'atmosfera di magia che tanto ci era mancata. Effetti visivi mozzafiato si uniscono ad una storia che ha ancora molto da raccontare... è solo l'inizio!

5. Doctor Strange
Cine-comic Marvel, questo film si distacca dalle solite trame a cui siamo abituati. Un cast d'eccezione per un film altrettanto bello, capace di tenere viva l'attenzione dello spettatore, alle prese stavolta con un mondo magico del tutto insolito e tutto da scoprire.

6. Rogue One: Star Wars Story
Questo film ci racconta come, dopo l'ascesa di Dart Vader e l'Impero, agiva la resistenza e i ribelli nella "galassia lontana, lontana...". Ammetto di essere rimasta totalmente conquistata da questa pellicola che, in tutta sincerità, non mi aspettavo potesse essere così bella, in grado di emozionarmi come solo i classici di Star Wars avevano saputo fare. Un capitolo che si distacca volutamente dalla nostalgia lasciata dai precedenti, ma che dimostra una grande forza e credibilità, inserendosi perfettamente nelle vicende che conosciamo. Assolutamente da vedere!

7. Veloce come il vento
Questo film è la testimonianza del fatto che il cinema italiano non è morto, ma anzi, sa regalarci dei gioiellini inaspettati. Focalizza l'attenzione non solo sui problemi della protagonista e sulla sua voglia di riscatto, ma ho apprezzato moltissimo come è stato reso il rapporto col fratello, cardine centrale di tutto il film. Personalità eccentrica e imprevedibile, ex campione di corse automobilistiche in decadenza, ci dimostrerà che niente è perduto e che quando si arriva a toccare il fondo, si può solo risalire.

8. Lui è tornato
Originale Netflix, questa pellicola è una vera chicca satirica, che affronta con marcato senso dell'umorismo il presunto ritorno di Hitler nella nostra società contemporanea, mostrandoci come, nonostante il Terzo Reich sia ormai "acqua passata", potrebbe tornare a stabilizzarsi. Un film divertente, sì, ma che ci lascia un po' con l'amaro in bocca portandoci a riflettere su un tema che, purtroppo, rimane sempre attuale.

9. Oceania
Beh, come ormai avete avuto modo di notare, quest'anno non mi sono risparmiata di vedere film d'animazione. Questo cartone animato targato Disney, mi ha totalmente sorpresa sotto tutti i punti di vista. Anche qui non aspettiamoci principesse e fate turchine, ma diamo il benvenuto a Vaiana, una ragazza dalla forte personalità: indipendente che sa esattamente essere fautrice del proprio destino. Un film che si caratterizza anche per la bellissima grafica e le ambientazioni, decisamente paradisiache!

10. A spasso con Bob
Io, da amante dei gatti quale sono, non potevo non scegliere questo film. E' basato sulla vera storia di James Bowen, ex tossico dipendente che, grazie all'amore di un gatto randagio, riesce ad uscire da quel circolo vizioso. Un film che si fa amare soltanto se visto, semplice ma assolutamente non banale, in grado di emozionare come non mai!


Eleonora Giovannini




martedì 30 agosto 2016

Un telefilm al giorno | Stranger Things

Stranger Things è sicuramente la serie più bella di tutto il 2016, e lo dico nonostante quest'anno non sia ancora finito, ma vi sfido a scommettere che nei prossimi mesi possa uscire una serie tv più bella di questa!
Telefilm targato Netflix, è subito diventato un cult sia in Italia che all'estero; difficile trovare critiche negative a riguardo. Parto subito dicendo che è una serie tv fortemente citazionista, ma non in senso negativo come siamo soliti pensare quando si fa riferimento a questa parola. E' citazionista, sì, ma in sé contiene un proprio stile che la distingue da tutti quei prodotti cinematografici cui fa riferimento; non è una semplice scopiazzatura di ET o di Piccoli Brividi, ma mette in luce tutti quei canoni che in passato avevano catturato il pubblico per suspance, curiosità dell'ignoto e bambini protagonisti.

Le vicende si svolgono negli anni '80 e nel telefilm si respira in tutto e per tutto questa epoca storica; dai vestiti dei protagonisti, alla colonna sonora (veramente sublime), alle abitudini dei personaggi e via dicendo. Se vogliamo, in questo contesto vengono valorizzati forse per la prima volta quegli anni, sempre caratterizzati da un forte amore per il trash, le spalline larghe e gli strass.
Non solo, ma viene dato anche un sacco di spazio alla componente femminile che qui detiene il "potere" su ogni vicenda che incontriamo nel corso delle otto puntate; se un tempo le donne (proprio nei telefilm/film e cultura degli anni '80) erano costantemente viste come un "accessorio" dell'uomo, qui sono proprio loro le eroine della storia, che sanno prendere in mano le situazioni all'apparenza più disperate, affrontandole a viso aperto con paura, certo, ma anche con un coraggio mai visto.
Da Nancy, a Joyce, a Eleven ognuna combatte con i propri timori dall'inizio alla fine per far vincere le loro idee e sconfiggere il demogorgone che ha sconvolto le loro vite sotto diversi punti di vista.

Ma se le donne sono le vere protagoniste di Stranger Things, a loro si aggiungono quattro bambini decisamente adorabili: Will, Mike, Lucas e Dustin. Quando l'amico Will scomparirà misteriosamente, infatti, i suoi amici faranno di tutto per ritrovarlo e trarlo in salvo; con l'aiuto di Eleven e senza non poche difficoltà e litigi, ma in un modo o nell'altro riusciranno a rimanere sempre uniti portando avanti il loro unico scopo al fine di ritornare insieme per giocare di nuovo a Dangeon&Dragons. E' bellissimo come è stato trasposto sullo schermo il legame e il rapporto di questi ragazzini, alle prese con un pericolo più grande di loro, ma che allo stesso tempo suscita in loro una grande voglia di affrontarlo con tutta l'innocenza e la fragilità che solo un bambino di quegli anni può avere.

Ma questa serie tv si fa amare anche per tutti i riferimenti ad altre saghe e "nerdate" mozzafiato; come ad esempio Star Wars, X-Man, Lo Hobbit e chi più ne ha più ne metta.
Ho amato moltissimo anche le atmosfere quasi oniriche che sono state realizzate in un contesto essenzialmente quasi sempre realistico, ma che ho trovato degne di un'ambientazione dal sapore fantastico/magico, come ad esempio la scena in cui la madre di Will "acconcia" tutta la casa di lucine natalizie coloratissime. Pur essendo quella una scena carica di pathos e disperazione, saprà inevitabilmente strapparti una reazione di meraviglia (soprattutto per i tuoi occhi).
Stranger Things è adatta a tutti, dai più piccoli ai più grandi proprio perché nei bambini sa innescare quella vena fantastica che sa sempre conquistarli; e per gli adulti perché, oltre che a riportare in luce un'atmosfera vintage e tanta nostalgia, racconta una storia semplice ma allo stesso tempo ricca di carica emotiva, che sa sì guardare al passato ma che si proietta in un futuro in cui ci è ancora permesso di fantasticare con l'immaginazione a dispetto degli anni.
Pur avendo delle tinte horror infatti, non è assolutamente niente di tutto ciò, anzi... provare per credere!

Curiosità: Nel telefilm viene fatto riferimento al progetto MKULTRA, ovvero il progetto messo in atto dalla CIA per il controllo della mente, durante gli anni '50/'60, allo scopo di controllare e influenzare la mente di particolari soggetti quali carcerati, persone comuni, agenti della CIA, militari, prostitute, senzatetto, malati mentali e tossicodipendenti, utilizzando però pratiche del tutto illegali.


Eleonora Giovannini ©