domenica 15 febbraio 2015

Still Alice

Richard Glatzer e Wash Westmoreland hanno voluto fortemente che, chiunque guardasse questo film, si sentisse completamente parte della storia della protagonista, o meglio, della malattia di cui Alice è diventata vittima: il morbo di Alzheimer.
Il senso di smarrimento percorre ogni singolo sviluppo della pellicola, tanto da fare in modo di sentirci a nostra volta persi, spogliati di qualsiasi sicurezza. Vivremo le stesse sensazioni che la Alice malata vive, come il non sapere dove ci troviamo o dove sia il bagno in casa nostra. Ogni cambio di scena, ogni cambiamento di tempo e di spazio, ci proietta nella sua dimensione personale e nella sua condizione di malessere.
Paesaggi e oggetti sfocati, indirizzi dimenticati, parole impossibili da raggiungere.
Ma questo non è l'unico aspetto che ho apprezzato di più di questa pellicola, anzi, credo che il bello risieda proprio nel modo in cui la protagonista affronta l'Alzaheimer; Alice è senza dubbio simbolo di forza, ogni giorno della sua vita combatte fino allo stremo pur di non essere privata dei propri ricordi migliori, combatte per non perdere totalmente la propria indipendenza, le proprie emozioni, i propri ricordi. Ogni giorno si sforza di lottare contro qualcosa che sa che prima o poi la porterà a perdere tutto, tutto quello che era riuscita ad ottenere nei suoi cinquant'anni di vita. La carriera, un matrimonio, i figli. Non solo, ma essendo la sua malattia ereditaria, il dolore è ancora più grande nel sapere che questi ultimi saranno, un giorno, vittime come lei.
Nel primo stadio della malattia, quello meno grave, si affiderà alla tecnologia, in un iPhone scriverà le domande da porsi ogni giorno, quelle che dovrà a tutti i costi ricordarsi fino all'ultimo.
Come si chiama la mia figlia più grande?
Dove vivo?
In che mese sono nata?

Ho trovato particolarmente commovente il video che la Alice del passato aveva registrato per la Alice del futuro, dove, come una mamma amorevole, racconta ad una donna smarrita che ha avuto una vita felice e piena di successi personali e che non deve preoccuparsi di quello che la sua mente ormai non è più in grado di percepire o ricordare.
Credo che la scena più toccante di tutte, sia proprio quella in cui lei e il marito sono ad un Frozen Yogurt, e lei poggia delicatamente la testa sulla sua spalla, affidandosi completamente a lui. In questo semplice gesto, forse banale, è racchiuso tutto l'amore che lega Alice al marito e viceversa; nonostante la malattia, lei rimane lei. Rimane Alice.

Un film che lascerà gli spettatori sicuramente colpiti, partecipi sentiti di un dolore in cui inaspettatamente saranno costretti ad immedesimarsi. Sono sicura che ognuno si farà la stessa identica domanda: "E se succedesse a me?".
Tuttavia non è assolutamente una pellicola ridondante e piena di scene strappalacrime, anzi, l'argomento è affrontato in modo del tutto consapevole e delicato, assolutamente realista. Per questo ritengo che sia un film che valga la pena di essere visto. Julian Moore è stata perfetta in ogni singolo momento, nessun'altra attrice avrebbe saputo recitare meglio, così come ho apprezzato Kristen Stewart nei panni della figlia ribelle ma forse la più affezionata alla madre e al modo in cui avrebbe dovuto convivere con la malattia.
Concludo la mia recensione riportandovi il discorso che Alice tiene ad un incontro dedicato ai malati di Alzheimer.

"In tutta la mia vita ho accumulato ricordi, che sono diventati, in un certo senso, le cose a cui tengo di più. La sera in cui ho conosciuto mio marito, la prima volta che ho tenuto un libro in mano, avere dei figli, fare amicizia, viaggiare per il mondo. Tutto ciò che ho accumulato nel corso della vita, tutto quello per cui ho duramente lavorato, adesso sta per essere strappato via. Come potete immaginare, o come sapete, questo è l'inferno. Ma peggiorerà. Chi prenderebbe sul serio qualcuno che è lontanissimo da ciò che era un tempo? Il nostro strano modo di essere e le frasi scomposte cambiano la percezione che gli altri hanno di noi e la percezione di noi stessi. Diventiamo ridicoli, incapaci, comici. Ma questo non è ciò che siamo, questa è la nostra malattia. E come ogni malattia c'è un causa, uno sviluppo e potrebbe esserci una cura. Il mio più grande desiderio è che i miei figli, i nostri figli, le generazioni future, non debbano affrontare ciò che sto affrontando oggi. Ma tornando ad ora, io sono ancora viva. Io so di essere viva. So di avere persone che amo. So che cosa voglio fare nella mia vita. Sto combattendo contro me stessa non per non avere più niente da ricordare, ma perché ho ancora momenti di gioia e felicità. E per favore, non pensate che io stia soffrendo. Non sto soffrendo. Sto combattendo. Combattendo per essere parte di qualcosa, per stare connessa con quella che ero. Quindi "vivi il momento" mi dico. E' tutto ciò che davvero posso fare, vivere il momento"

Eleonora Giovannini ©







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