venerdì 8 maggio 2015

Mamma mia!

In occasione della festa della mamma, ho deciso di parlarvi del film del 2008 "Mamma mia!", tratto dall'omonimo musical scritto da Catherin Johnson e diretto da Phyllida Lloyd; il titolo (come tutti sapranno) è ripreso dalla celebre canzone del gruppo svedese ABBA, gruppo che ha inoltre composto con i propri brani di successo, l'intera colonna sonora.
Il cast stellare è composto da: Meryl Streep, Amanda Seyfried, Colin Firth, Julie Walters e Pierce Brosnan.

Le vicende si svolgono su una ridente località greca chiamata Kalokairi nella quale, madre e figlia, gestiscono un albergo dal nome "Villa Donna"; quando Sophie (la figlia) decide di sposarsi, e quindi desidera conoscere l'identità del padre, dopo aver letto un vecchio diario di sua madre, scopre che potrebbe averne addirittura tre.
Decide così di invitarli tutti sull'isola in occasione del matrimonio e scoprire chi tra di loro sia il padre naturale; da questo momento in poi, si susseguiranno delle divertentissime scene in cui Donna (la madre di Sophie) cerca in tutti i modi di evitare i suoi tre ex amanti, soprattutto per il bene della figlia, nonostante quest'ultima cerchi fino all'ultimo di nascondere la loro presenza sull'isola.

Da amante dei musical, credo che questo sia uno degli adattamenti cinematografici meglio realizzati, nonostante diverse scene siano molto teatrali (soprattutto quelle di ballo e di canto), ho apprezzato moltissimo il taglio leggero che è stato dato all'intera trama.
Un film che non vuole prendersi troppo sul serio nonostante la storia tocchi temi di per sé abbastanza di spessore (e a tratti surreali); la serietà lascia il posto a tantissima auto ironia e la storia non vuole prendersi troppo sul serio, così come ci viene mostrato dagli otto protagonisti. E' una leggerezza intelligente che vuole comunque dirci qualcosa, ovvero che l'amore di una madre è così grande da eclissare anche la mancanza della figura paterna, essendo Donna stata capace di occuparsi della figlia da sola, compiendo mille sacrifici.

Anche se è un film di forma, più che di contenuto, mi è piaciuto moltissimo; è uno di quei film che ti fa trascorrere due ore in assoluta tranquillità, lasciandoti inevitabilmente in testa le canzoni degli ABBA. Senza dubbio gli attori che compongono il cast, contribuiscono a rendere la storia comunque molto credibile, meravigliosa Meryl Streep (arrivata proprio con questa pellicola alla sua quindicesima candidatura all'Oscar), nel ruolo della madre eccentrica, ironica e divertente, che nonostante sia in là con gli anni fa comunque la sua porca figura.
Stupende anche le ambientazioni, le coreografie e i costumi, questi ultimi in stile dance anni '70 proprio in tema con le canzoni degli ABBA.


Eleonora Giovannini ©




 

mercoledì 6 maggio 2015

Amami se hai coraggio

Film franco-belga del 2003, "Amami se hai coraggio" è il primo lungometraggio diretto da Yann Samuell; tra gli attori protagonisti troviamo Guillaume Canet e Marion Cotillard.

Julien è un bambino che sta per diventare orfano di madre, Sophie una bambina polacca derisa da tutta la scuola per il suo essere "straniera"; da tutti tranne Julien, con il quale deciderà di vendicarsi, compiendo delle divertenti malefatte.

La chiave risiede in una scatola di caramelle vuota, chi ce l'ha, lancia la sfida e non deve per nessun motivo tirarsi indietro. Una volta portata a termine, la scatola (e di conseguenza la sfida) passa nelle mani dell'altro.

"Giochi o non giochi?"
"Gioco"

Il gioco si protrae così dall'infanzia per poi passare all'adolescenza e all'età adulta, senza esclusione di colpi; dallo sfidarsi a fare pipì nell'ufficio del preside, ad atti osceni in luogo pubblico, finti innamoramenti, "no" all'altare e via dicendo. Tra i due protagonisti percepiamo una certa chimica, quella chimica che ci farebbe pensare ad un'imminente dichiarazione d'amore, ma che puntualmente viene rimandata a causa di un nuovo gioco.
Quello che prima sembrava un divertente passatempo infantile, si trasforma in una strana perversione, che sfocia quasi in atti eroistici ed autocompiacimento. La loro è un'attrazione folle, cinica, spietata, anche se il regista non manca di inserire nella pellicola, quegli elementi che la rendono allo stesso tempo una storia d'amore pronta a farci sognare. 
Un divertente rincorrersi che sembra sempre una continua sfida a resistere alle rispettive attrazioni, più resistono al fascino dell'altro e più sono affascinanti, più cedono alle provocazioni e più tornano ad essere tristi e scontati.

Lo spettatore verrà catapultato nello stesso gioco di Julien e Sophie, rimanendo col fiato sospeso fino alla fine; colpiti nello stomaco, ci renderemo conto che l'amore può durare in eterno solo se non viene mai fissato nel tempo e nello spazio, ma sfidandolo anzi fino a rischiare la morte. 
Il film è una sintesi vera e propria del concetto di eros e tanatos (amore e morte) che sfocia in un parossismo veramente coinvolgente. 

Il gioco finirà? Se sì, come? 
Una cosa è certa: finché c'è gioco, c'è speranza.


Eleonora Giovannini ©





domenica 3 maggio 2015

Moonrise kingdom

C'è una canzone del gruppo musicale romano Cani, intitolata "Wes Anderson" e recita così:

"Vorrei vivere in un film di Wes Anderson:
  Inquadrature simmetriche e poi partono i
  Kins. Vorrei l'amore dei film di Wes 
  Anderson, tutto tenerezza e finali agrodolci"

Questi pochi versi sono esattamente la descrizione del film di cui vi voglio parlare, ovvero "Moonrise kingdom", uscito nel 2012 e diretto, ovviamente, da Wes Anderson.
Il cast d'eccezione è composto da Edward Norton, che si rivela sempre più straordinario, Bill Murrey e Bruce Willis.
Tuttavia i veri protagonisti della storia in questione sono un gruppo di bambini scout, nel quale uno di loro, Sam, metterà in atto una vera e propria "fuga d'amore" con una ragazzina, Susie.

Ambientato negli anni '60, le vicende si svolgono in un'isoletta popolata da diversi campi scout e piccoli villaggi. Sam e Susie si conoscono ad una recita e subito scatta qualcosa che li porterà a diventare, prima amici di penna, e poi complici della fuga.
Ma perché i due protagonisti decidono di scappare? Entrambi vivono due situazioni familiari difficili, Sam è orfano dei genitori, mentre Susie sa che la madre tradisce il padre con il poliziotto della cittadina in cui vivono; il loro scopo è quindi quello di ritrovare insieme l'infanzia, strappatagli proprio a causa di questi eventi spiacevoli che li portano a crescere e maturare prima del tempo. Il loro stesso amore è molto maturo rispetto all'età che hanno, proprio perché entrambi sanno comprendersi e capiscono il dolore che entrambi vivono.
Questo è particolarmente evidente quando ci vengono mostrati i comportamenti di Sam e Susie e quelli degli altri bambini del campo scout; questi ultimi sono portati ad ubbidire, a ragionare secondo delle regole attenendosi ad esse in modo del tutto infantile (come è anche giusto che sia).
Tuttavia, nel corso della storia, anche loro sapranno mettersi nei panni dei loro compagni fuggitivi, cresceranno a loro volta e saranno capaci di provare una forte empatia, tipica caratterista (anch'essa) dell'infanzia. E' così che questi piccoli bambini saranno i veri eroi della fuga, se prima cercheranno di ostacolarli tentando di riportarli al campo base, successivamente diventeranno dei veri e propri complici.

La giovinezza adulta di Sam e Susie, ci sa regalare nonostante tutto un'atmosfera di fiaba, un mondo idealistico e fantastico, in opposizione a quello squallido e meschino dei grandi. E' una fiaba per adulti recitata da bambini.

La trama, ricca di avventura, ironia e no sense, è incastonata in una regia sublime, solo come Wes Anderson sa fare. Colori caldi, inquadrature paesaggistiche e simmetria, sono le caratteristiche di una fotografia che incanta.
Bella anche la colonna sonora composta da Alexandre Desplat, il quale ha voluto includere pezzi cantati dalle voci bianche del repertorio di Benjamin Britten.

Un film da vedere e rivedere e rivedere!


Eleonora Giovannini ©