giovedì 17 dicembre 2015

Il Viaggio di Arlo

Torno dopo mesi e mesi a scrivere sul mio amatissimo blog.
Non stupitevi, quindi, se nel frattempo ho perso la capacità di scrittura... spero possiate perdonarmi in caso (e qui mi rivolgo ai miei tre lettori assidui capitati per sbaglio su questa piattaforma).
In breve, sono stata così tanto assente per diversi motivi, il primo è stato l'inizio del nuovo semestre universitario; credetemi che tornare a casa tutti i giorni alle otto, ti fa passare perfino la voglia di leggere le etichette dei detersivi quando sei al bagno; il secondo motivo è stato l'arrivo di un fidanzato fantastico che ha pensato bene di stravolgere la mia routine dedicandomi amore, tempo e cibo. Quindi capitemi se, in questi mesi intensi, ho avuto la testa completamente altrove che nemmeno il Dottor Manhattan (non che di solito non ce l'abbia, quindi pensate un po' voi...).
Tuttavia, ciò non ha di certo spento la mia passione per la scrittura e per il cinema, quindi, appena arrivate le vacanze natalizie, ho pensato bene di tornare su questi schermi.

Il film di cui voglio parlare oggi, è l'ultimo film d'animazione targato Pixar, uscito nelle sale il mese scorso: Il Viaggio di Arlo.
Ammetto di essere andata al cinema con non poche apprensioni (e col mio ragazzo ahah), dal momento che solo due mesi prima, la Pixar ci aveva già regalato un altro prezioso gioiellino (Inside Out), per non parlare di tutti i commenti poco convinti di chi era già andato a vederlo. Ma come avrei potuto non correre al cinema?! Il trailer mi aveva stregato e poi, da amante dei dinosauri quale sono, ero troppo entusiasta all'idea di un film d'animazione con loro come protagonisti!
Inizio subito dicendo che questa pellicola non ha deluso assolutamente le mie aspettative, anzi, mi sono stupita che gli autori fossero riusciti a ideare un altro piccolo capolavoro in così poco tempo. Non è mia intenzione paragonare "Il Viaggio di Arlo" ad "Inside Out", perché sono due film e due storie completamente diverse, quindi evito subito di fare confronti dovendo essere costretta per forza a decidere quale dei due sia migliore o peggiore.
"Il Viaggio di Arlo" ha una trama molto semplice, si vede che il target mira ad un pubblico molto più giovane rispetto ad "Inside Out", tuttavia non manca (come al solito) di essere pregno di grande profondità e carica emozionale. La storia è incentrata sulla voglia del protagonista (Arlo) di riscattare la propria condizione di mediocrità e di codardia che l'ha sempre caratterizzato fin dalla nascita; Arlo ha avuto persino paura di uscire dall'uovo in cui si trovava, a differenza degli altri sui fratelli che hanno sempre dimostrato di saper affrontare il mondo senza alcun timore. È per questo motivo che spesso il piccolo dinosauro viene preso in giro, dato che ha persino paura di affrontare un gruppo di galline (come dargli torto?!); sarà solo dopo un tragico episodio e la conoscenza, divenuta poi amicizia, con un bambino nemico/amico, che Arlo imparerà ad affrontare il mondo esterno dal quale si era sempre voluto proteggere. Un viaggio, come il titolo ci richiama alla mente, caratterizzato da una crescita interiore, non solo per il superamento delle fobie del protagonista, ma una crescita intesa anche come apertura verso il mondo stesso, come ci dimostra l'amicizia tra lui e Spot, apparentemente diversissimi, ma uguali allo stesso tempo. Segnati entrambi da un dolore incolmabile come la perdita dei genitori. Interessante notare come tra i due ci sia un dialogo non fondato sulla comprensione reciproca del linguaggio, ma caratterizzato da una comunicazione prettamente gestuale o indiretta. Una scelta stilistica che ho apprezzato tantissimo (mi ha richiamato alla mente "Tarzan", film Disney focalizzato interamente sul concetto di diversità e su un dialogo quasi inesistente ma comprensibile al tempo stesso).

Il film è apprezzabile anche per la bellissima grafica computerizzata che come sempre la Pixar sa regalarci; in questo particolare caso vorrei soffermarmi sul modo meraviglioso che hanno trovato per realizzare l'acqua, tanto da sembrare vera (ma già sapevamo di quello che erano stati capaci di fare in "Alla ricerca di Nemo").
Bellissime naturalmente anche le ambientazioni!
Se devo essere sincera, non ho trovato particolari carenze del film, come molti invece hanno sostenuto, dicendo che fosse un'accozzaglia di altri film d'animazione Disney. L'ho apprezzato per la sua semplicità ricca però di potente carica emotiva, una pellicola capace di farti commuovere ma allo stesso tempo strapparti un sorriso, ed è quello che ogni cartone animato ha lo scopo di essere. Quindi, prima di giudicare basandovi solo sulle recensioni di famosi giornalisti o YouTuber (ormai ci si son messi anche loro), abbiate la possibilità di vederlo per decidere voi stessi da che parte stare.

Voto: 8


Eleonora Giovannini ©



martedì 6 ottobre 2015

Un telefilm al giorno | Chuck

Doveva arrivare questo momento prima o poi, doveva arrivare il momento in cui vi avrei parlato del mio telefilm preferito in assoluto: Chuck.
So cosa state pensando, di certo non è uno di quei telefilm eccezionali, dalla regia incredibile e condito da scene mozzafiato, eppure, sempre per rimanere coerente con me stessa, ha un posto di riguardo nel mio cuore. Non c'è Breaking Bad, Twin Peaks o Doctor Who che tengano, nonostante queste serie tv citate rientrino tra quelle che più preferisco, Chuck la fa da padrone.
Ma andiamo per gradi.
Serie televisiva statunitense prodotta dalla NBC, trasmessa dal 2007 al 2012, nata dalle menti di Josh Schwartz e Chris Fedak, narra le avventure di un giovane ragazzo nerd, Chuck, timido e impacciato, che dopo aver ricevuto una mail dal suo migliore amico (agente della CIA sotto copertura) scarica inconsciamente nel suo cervello, un supercomputer neurale contenente tutti i segreti governativi della CIA e dell'NSA.
Non appena le agenzie di spionaggio americane, vengono a conoscenza di questo episodio, per proteggere i segreti nazionali che sono ormai parte integrante della mente del ragazzo, Chuck verrà coperto da due agenti di spicco di entrambe le agenzie, rispettivamente Sarah Walker per la CIA e John Casey per l'NSA.
Inutile dire che da questo momento in poi, per il giovane Chuck e gli altri due agenti, seguiranno una serie di avventure incredibili al limite del comico e dell'assurdo, senza però mancare di momenti colmi di grande partecipazione emotiva e riflessione. I tre protagonisti, vedremo poi col tempo, arriveranno ad instaurare un legame decisamente inaspettato, quanto bellissimo.
Ma se Chuck, Sarah e Casey sono il trio d'oro di questo telefilm, non sono da meno neppure gli altri personaggi secondari, come il migliore amico di Chuck, Morgan, Jeff e Lester, Big Mike, Capitan Fenomeno e chi più ne ha più ne metta. Se i primi sono coinvolti in missioni speciali per la salvaguardia del mondo, anche questi ultimi sono i primi a battersi per le loro piccole e grande "lotte" quotidiane. Ed è proprio questa una delle trovate che più ho apprezzato di questo telefilm, ovvero che vengano messe sullo stesso piano, delle vicende che sembrano totalmente agli antipodi, ma dai quali in realtà è possibile imparare la medesima lezione.
In questo telefilm troverete di tutto: dalla commedia, all'azione, al romanticismo... nulla è stato risparmiato! Non stupitevi se passerete dal ridere fino alle lacrime, a piangere lacrime di vera sofferenza.

Altro encomio va senza ombra di dubbio alla colonna sonora, composta da canzoni e brani bellissimi, che vanno dall'hindie rock/folk al pop commerciale (per i meno sofisticati), pur incastrandosi perfettamente con la trama di un singolo episodio o di una singola scena.

La serie completa prevede cinque stagioni di ventitré episodi circa, della durata di quaranta minuti. Sebbene abbia avuto molto successo, la NBC nel 2012 decise comunque di cancellarla, dando un finale che tutti i fan hanno trovato decisamente troppo... aperto! Alla fine dell'ultima puntata ti viene spontaneo chiedere: "PERCHE'?!" oppure "E ADESSO? VOGLIO SAPEREEE".
Amici cari e fan non demordete, più volte è stato detto da alcuni attori del cast, ma soprattutto dal grande attore protagonista Zachary Levi che è in cantiere un film che dovrà dare una degna conclusione a tutta la serie, così tanto amata dal pubblico (un po' come è successo qualche anno fa con il film di Veronica Mars, anch'esso sprovvisto di un finale degno).

Concludendo, volevo soltanto dire che per me Chuck significa amore, significa famiglia, significa mai smettere di lottare per qualcosa in cui credi, significa riporre la fiducia negli altri e non aver paura di aprire il proprio cuore e lasciarci entrare dentro qualcuno.
Mi ha insegnato che va bene essere appassionati a qualcosa, anche se si tratta di un telefilm, ad amare una serie così tanto da essere coinvolta totalmente nelle storie di ogni personaggio.
Quindi, con questo piccolo post, volevo a mio modo ringraziare tutte le grandissime persone che hanno creato e che hanno preso parte a questo telefilm, rendendo la mia vita forse un po' più magica.


Eleonora Giovannini ©





domenica 27 settembre 2015

Inside Out: non chiamatelo film per bambini

Capolavoro annunciato, il film d'animazione Pixar "Inside Out", ha conquistato indistintamente critica e pubblico alla sua prima uscita nelle sale.
Ammetto di essere andata al cinema con un po' di apprensione, perché si sa, troppa aspettativa a volte ci lascia con l'amaro in bocca; fortunatamente così non è stato. Come tutti hanno ormai detto prima di me, "Inside Out" è uno di quei film Pixar che rimarrà nella storia, insieme a "Toy Story", "Alla ricerca di Nemo" e molti altri. Tuttavia ciò che caratterizza questa pellicola, a differenza forse delle precedenti, sta nel fatto che essa ambisce ad essere apprezzata maggiormente anche da un pubblico adulto e semi adulto, raccogliendo così intorno a sé un grande numero di seguaci.

La storia è incentrata sulla crescita di Riley, undicenne che a un certo punto della sua vita quasi perfetta,  si ritrova ad essere catapultata in una realtà completamente opposta a quella in cui aveva sempre vissuto, fatta di amici, divertimento e affetto genitoriale.
Questo avviene nel momento in cui la ragazzina, a causa del lavoro del padre, è costretta a trasferirsi dal Minnesota a San Francisco, città caotica e frenetica in cui ogni cosa appare grigia e spenta.
Ma c'è di più. I veri protagonisti infatti si trovano nella testa di Riley e non sono altro che le proprie emozioni: Gioia, Rabbia, Disgusto, Tristezza e Paura.
Se fino a qualche tempo prima, Gioia aveva il controllo su ogni altra emozione della nostra giovane amica, da questo momento iniziano a farsi strada anche le altre emozioni, scombinando completamente il suo modo di essere, per certi versi nuovo e insolito. Riley si troverà ad affrontare situazioni che la indurranno a provare molteplici sentimenti, diversi e contrastanti, tanto che Gioia e Tristezza finiranno per essere sepolte in una zona remota della sua mente. Perse. Col rischio di farle scomparire per sempre, lasciando il controllo della sua mente a Disgusto, Paura e Rabbia (i tipici sentimenti predominanti nella pre-adolescenza).
Vedremo le isole della personalità di Riley crollare a poco a poco, simbolo di un crollo improvviso delle certezze che fino ad allora l'avevano resa quella che era. Incompresa dai genitori, tradita dall'amicizia, consapevole di aver superato quella fase della vita in cui tutto si risolveva con una battuta o un gioco, la giovane protagonista sarà inevitabilmente costretta a crescere, a maturare e a mettersi in discussione per la prima volta.
Capirà che la sua mente inizia a ragionare in modo diverso, anche istintivo, ma allo stesso tempo la metterà di fronte alla possibilità che crescendo si possono commettere degli errori a cui prima non avevamo minimamente pensato.

Il film è una presa di coscienza sulla crescita emotiva ed intellettuale a cui ognuno di noi è andato in contro nella fase della prima giovinezza, imparando nostro malgrado a saper rinunciare a quella parte infantile di noi che ci salvava dalle difficoltà della vita. Crescendo infatti, l'emozione predominante della Gioia non ci basterà più, impareremo a far convivere le altre emozioni, compensandole una con l'altra. Tutte sono indispensabili. E questo film ce lo mostra chiaramente.
Perciò dico che non è il solito "film per bambini", perché per quanto ci siano dei momenti comici, buffi episodi e personaggi stravaganti, ha uno scopo più alto e vuole arrivare ad un pubblico più adulto, infondendogli una vena di nostalgia. Il rischio è che, appunto, un bambino non colga immediatamente il significato; tuttavia ritengo ugualmente che sia degno di essere visto anche da un pubblico molto giovane, proprio perché secondo me è un modo che hanno voluto trovare gli autori del film, per mettere dolcemente "in guardia" i bambini mostrando loro che ciò che arriveranno a provare a livello emozionale quando saranno più grandi, e di non spaventarsi perché è un processo del tutto normale e perfettamente superabile, proprio come è accaduto a Riley.

Ma "Inside Out" non si contraddistingue solo per la trama ricca di sfumature di significato, ma anche per una grafica computerizzata che incanta. Le stesse emozioni sono realizzate con un materiale che richiama la lana, cosa che credo sia difficile rendere fedelmente sullo schermo; ho amato anche come è stata realizzata la mente di Riley, ogni suo ricordo, emozione, per non parlare del modo in cui vengono realizzati i sogni!
Insomma, che dire, ormai avete capito che è un film che ho trovato geniale sotto tutti i punti di vista. Per cui, se ancora non l'avete visto, non indugiate oltre e catapultatevi al cinema!


Eleonora Giovannini ©




venerdì 21 agosto 2015

La mafia uccide solo d'estate

Purtroppo sono costretta ad ammettere, che la molla che mi ha fatto scattare questa recensione, sono stati i funerali del mafioso Casamonica. Oltre la rabbia, ho provato tantissimi sentimenti di disgusto, in particolare verso gli esseri viscidi che abitano il nostro meraviglioso Paese; perché se è vero che tanti hanno reagito con indignazione a questa notizia, ce ne sono stati altrettanti a cui non ha fatto né caldo né freddo, facendo dell'ignoranza e dell'omertà il loro potente scudo.
Per questo mi trovo qui, forse nessuno leggerà questo post, forse a nessuno importerà il mio parere a riguardo, però è proprio questo il punto, se tutti noi, io in primis, stessimo in silenzio, non potrà cambiare niente. La parola è la chiave. Senza la parola siamo morti.

Ed è proprio questo uno dei temi conduttori del bellissimo film di Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif), "La mafia uccide solo d'estate" (2013): la voce. Una voce sembra che gli abitanti della Palermo degli anni '80 abbiano dimenticato.
La storia viene raccontata attraverso i ricordi d'infanzia del giovane Arturo, che si trova a dover vivere una realtà paradossalmente ambivalente, divisa tra la normale quotidianità e le numerose stragi mafiose di quel periodo. Il piccolo protagonista, a cui dovrebbe essere insegnato cosa sia la criminalità organizzata, dagli insegnanti, dai genitori, si trova invece davanti ad una multiforme omertà che lo condizionerà per gran parte della sua giovinezza.

"Arturo: Ma la mafia ucciderà anche noi?

Padre: Tranquillo, ora siamo d'inverno. 
La mafia uccide solo d'estate"


Sarà solo grazie alla sua umanità, alla preziosa amicizia con un giovane giornalista, e al proprio senso civile che Arturo troverà le risposte giuste a tutte quelle domande che si era posto da piccolo. 

Il film è una commedia drammatica che, grazie ad una forte ironia e ad avvenimenti paradossali, riesce a farci capire perfettamente come la mafia in realtà non coinvolga solo una cerchia ristretta di persone, ma anche chiunque ignori volutamente la sua esistenza e i suoi oscuri fatti. 

Arturo vuole essere un po' il simbolo di tutto quei giornalisti e attivisti siciliani che sono riusciti ad uscire da questo sistema corrotto a favore della verità, verità di cui molti di loro purtroppo sono diventati vittima.
"La mafia uccide solo d'estate" è senza ombra di dubbio un grande film, poiché sa affrontare un tema così ostico e svariatamente trattato, in modo originale e sarcastico; pur mantenendo una forte drammaticità, riesce però a farci scappare diverse risate, cosa che ritengo di grande importanza. 

Se avete amato "Il Testimone" e Pif stesso, non potrete non amare anche questa pellicola, sia per come vengono affrontati gli argomenti, sia per come è stata realizzata (regia, fotografia, musiche, montaggio). Inoltre vi ricordo che si è aggiudicata due David di Donatello e due Nastri d'Argento lo scorso 2014.



“Quando sono diventato padre ho capito due cose
la prima che avrei dovuto difendere mio figlio dalla malvagità del mondo
la seconda che avrei dovuto insegnargli a distinguerla.


Eleonora Giovannini ©




domenica 9 agosto 2015

Un telefilm al giorno | Mozart in the Jungle

Nonostante le vacanze estive mi abbiano tenuta lontana non poco dal mio blog, non è stato così per le serie tv che, come sempre, hanno accompagnato e accompagnano le mie nottate afose e insonni.
Questa volta voglio parlarvi di una vera e propria novità (sotto tutti i punti di vista), scoperta grazie a Sky Atlantic che la sta trasmettendo in questo periodo; credo fermamente che si possa definire LA serie dell'estate, così fresca, divertente e dinamica da essere paragonata ad un Malibu e Cola e che, per inciso, mi sta conquistando sempre di più. 
Sto parlando di "Mozart in the Jungle", serie tv statunitense prodotta da Picrow per Amazon Studios, diretta e scritta da Roman Coppola, Jason Schwartzman, Paul Weitz e Alex Timbers; al momento conta una sola stagione composta da dieci episodi della durata di ventisei minuti ciascuno. 
Il telefilm è ispirato da un libro di memorie dal titolo "Mozart in the Jungle: Sex, Drugs and Classical Music" del celebre oboista Blair Tindall e la sua carriera professionistica a New York.

Quello che conquista subito, è senza dubbio la trama originale, ovvero basata sul mondo della musica classica con tutti i suoi retroscena grotteschi, torbidi ma senza dubbio affascinanti. Una storia del tutto atipica se pensiamo a tutti quei telefilm che sono in voga in questo periodo; eppure, anche se non siete amanti della musica classica o della musica in genere, credetemi che questo piccolo gioiellino del piccolo schermo, saprà appassionarvi come non mai.

"Mozart in the Jungle" racconta le vicende del giovane direttore d'orchestra, Rodrigo (Gael Garcìa Bernal), che viene chiamato a dirigere la New York Orchestra, dopo il ritiro dalle scene del precedente direttore Thomas Penbridge (Malcom McDowell). Tuttavia questo comporterà una vera e propria rivoluzione all'interno dell'orchestra, fino ad allora abituata a un modo di suonare e di vivere la musica bigotto e tradizionalista. Il giovane Rodrigo è una vera e propria mina vagante, pronto a sdoganare regole e leggi ferree del mondo della musica; per lui infatti non si tratta solo di eseguire un pezzo alla perfezione, ma di interiorizzare con anima e corpo la musica stessa e di intenderla piuttosto come una magia.
Alla storia del giovane Rodrigo si affianca anche quella della giovane Hailey (Lola Kirke), oboista promettente che sogna da sempre di suonare nella New York Orchestra, e grazie all'aiuto mosso da Rodrigo tenterà con pazienza e passione, di realizzare il proprio sogno mettendosi continuamente in discussione. 

Personalmente parlando, sto adorando questa serie, perché pur affrontando un tema piuttosto ostico e se vogliamo difficile da trattare, ha dei fantastici momenti comici che ci faranno amare e odiare diversi personaggi, ognuno con una introspezione psicologica profondissima e tutta da scoprire!
Non vedo l'ora che venga trasmessa la seconda stagione, perché sono sicura che verrano esplorate ancora di più le caratteristiche di ogni personaggio, oltre che a dare un seguito avvincente alla storia.

Per il momento, posso solo consigliarvelo calorosamente!


Eleonora Giovannini ©





lunedì 20 luglio 2015

The bling ring, cosa è andato storto?

Inutile girarci tanto intorno, "The bling ring", film del 2013 diretto da Sofia Coppola, è stato un vero e proprio flop, affossato senza pietà dalla critica e dal pubblico.
Dopo tanto tempo sono riuscita a vederlo anche io per la prima volta (ieri) e, a malincuore, devo dire che sono totalmente d'accordo con tutto quello che altri prima di me hanno detto riguardo questa pellicola. Come avrete già sicuramente capito, questo non è un bel film. Sinceramente mi ha delusa abbastanza, perché ho sempre pensato che Sofia Coppola fosse una regista valida (vedi film quali "Marie Antoinette" o "Lost in traslation") e quindi inutile dire che mi sarei aspettata molto, ma mooolto di più.

Credo che l'errore principale che viene fuori da questo film, sia il fatto che è tutto affrontato troppo velocemente. Dalle rapine nelle ville dei vip di Hollywood, al processo finale, alla caratterizzazione psicologica di ciascun personaggio.
La maggior parte delle volte non capiamo perché i protagonisti si comportano in quel determinato modo (tranne il protagonista maschile), sono tutti mancanti di qualcosa, così come non si capisce minimamente il contesto familiare in cui questi ragazzi vivono, o perché conducono uno stile di vita sbandato. Insomma, come avrete capito, non sappiamo cosa spinge il club del "bling ring" ad agire in quel modo; in particolare il personaggio di Rebecca, che dovrebbe essere il "capo" e che soffre palesemente del disturbo della cleptomania, che però non viene minimamente preso in considerazione.
Secondo il mio modesto parere, il tutto non si può giustificare (come invece è stato fatto nel film) con una voglia di emulazione delle celebrità, perché ripeto, anche solo questo aspetto è una sorta di disturbo comportamentale che sarebbe stato interessante indagare, soprattutto perché la storia è stata ispirata da fatti realmente accaduti, e ha coinvolto altre persone oltre Rebecca.

Altro punto a sfavore è stato indubbiamente la mancata maturità degli attori, nessuno escluso, nemmeno Emma Watson che personalmente adoro, ma che sinceramente sta volta ha proprio recitato da cani.
Credo che probabilmente non si sia troppo immedesimata nel proprio personaggio, Nicki, una stronza superficiale che nasconde la sua vera natura dietro buone azioni, ma di cui non sa assolutamente niente. Purtroppo devo ammettere che in questo ruolo mi è proprio calata, non che sia un'attrice di prima categoria, ma vi giuro che qua proprio non si può vedere.

Concludendo, mi dispiace davvero che questo film sia riuscito così male, anche perché secondo me le premesse erano più che buone, e sarebbe stato interessante indagare questo tipo di "mondo adolescenziale" un po' più da vicino.


Eleonora Giovannini ©




domenica 19 luglio 2015

Un telefilm al giorno | I segreti di Twin Peaks

Nato dalle menti geniali di David Lynch e Mark Frost, "Twin Peaks" fu senza dubbio il primo telefilm che cambiò completamente la concezione delle serie televisive; trasmesso dalla ABC dal 1990 al 1991 fu poi cancellato a causa di un calo di ascolti (vi spiegherò successivamente perché, dato che ebbe fin dalla prima puntata, un successo immediato).

Le vicende si svolgono nella fittizia cittadina montana di Twin Peaks, nello Stato di Washington e a confine con il Canada; è qui che, un giorno, viene ritrovato il corpo senza vita della giovane Laura Palmer, figlia dell'avvocato Leeland, il più illustre della città.
Per indagare sulla morte della ragazza, viene chiamato l'agente dell'FBI Dale Cooper, il quale tenterà di svelare il mistero della sua morte. Da questo momento in poi, scopriremo tuttavia che dietro il perbenismo dei cittadini di Twin Peaks, si nascondono persone che custodiscono segreti e lati oscuri; la stessa vittima, Laura Palmer, si rivelerà essere stata tutt'altro che la tipica brava ragazza americana.
Twin Peaks si caratterizza infatti per il tema del doppio, e con doppio non si intende solo la doppia faccia degli abitanti della città, ma anche della trama stessa; essa è infatti da un lato una "normale" serie tv che fa del genere giallo la propria colonna portante, dall'altro però ci è lasciato intendere che c'è ben altro; forze oscure, magia bianca e magia nera, rapimenti alieni sono tutti inseriti in modo coerente all'interno della storia, facendola risultare credibilissima.
E' una serie tv che è quasi impossibile inserire in un genere preciso, proprio per tali motivi; troverete di tutto: dal fantastico, al giallo, al dramma, alla commedia, al sentimentale. Niente viene lasciato al caso e ognuno dei personaggi è caratterizzato da una grandissima introspezione psicologica; anche quello che sembra essere il più insignificante, è tuttavia un importante tassello della storia. Inoltre, essa si pone agli antipodi delle altre serie tv americane che stavano nascendo in quel periodo, come ad esempio "Beautiful", e  proprio negli episodi di "Twin Peaks" infatti, vediamo che molti dei protagonisti sono intenti a guardare di tanto in tanto una commerciale soap opera, giusto perché Lynch non ci risparmia la propria vena sarcastica.

Perché, quindi, se è stata una serie tv così di successo, che è rimasta nel cuore di tutti nonostante siano passati molti anni da quando è stata trasmessa, è stata cancellata?
Ancora una volta siamo di fronte all'ennesimo caso di incompetenza delle case di produzione americane, in questo caso della ABC. Dal momento che erano in gravi crisi finanziarie, vedendo il successo della prima stagione, i grandi capi decisero che andava rivisto lo schema della seconda stagione, decidendo così di fare alzare gli ascolti immediatamente, rivelando nelle prime puntate l'assassino di Laura Palmer, quando in realtà sia Lynch che Frost avrebbero voluto tutto il contrario.
Quello che accadde poi, fu dunque prevedibile: ovviamente gli ascolti fino all'episodio rivelatore furono un grande successo, tuttavia, dal momento che la figura dell'assassino di Laura era il cardine dell'intera serie, una volta svelato, portò ad un grande calo di ascolti, anche perché il resto delle puntate si rivelò meno avvincente del previsto.

Nonostante ciò però, ritengo che "Twin Peaks" sia uno di quei telefilm che andrebbero visti almeno una volta nella vita, soprattutto perché è stato il precursore del telefilm come lo concepiamo oggi. Sicuramente è stato di grande ispirazione per altri due grandi successi, come "Lost" e "X-Files".

Se siete amanti del mistero, rimarrete inoltre stregati dalle tinte horror che questo telefilm ha da offrire, complice senza ombra di dubbio la bellissima colonna sonora firmata da Angelo Badalamenti, di stampo jazz ma terribilmente inquietante.


Eleonora Giovannini ©





martedì 7 luglio 2015

#Personal | I baci più belli del cinema (secondo me)

In occasione della giornata mondiale del bacio, avvenuta ormai lo scorso 6 Luglio, ho comunque deciso di stilare una sorta di classifica dei dieci baci più belli (secondo me) apparsi sul grande schermo.
Ovviamente li ho scelti solo ed esclusivamente in base al mio gusto personale, per cui oltre che essere discutibilissimi, ad alcuni magari non faranno né caldo né freddo.
Se qualcuno si stesse chiedendo se abbia usato un altro criterio di selezione, oltre che seguire la pancia, vi confermo che mi sono basata molto anche su come è stato girato, in che location e in che contesto, insomma, di sicuro i dieci baci che ho scelto non mancano di originalità.
Ma bando alle ciance: iniziamo!

1. Nino e Amélie (Il meraviglioso mondo di Amélie) 

Al primo posto c'è senza ombra di dubbio il bacio più inaspettato della storia. Non è un bacio classico, né alla francese, bensì un delicato gioco di labbra. La nostra Amélie infatti non vuole mancare di stupire nemmeno stavolta, e infatti rimanendo coerente col proprio personaggio, bacia il suo amato Nino prima sull'angolo della bocca, poi sulla fronte ed infine appena dietro il collo.




2. Jack e Rose (Titanic)

Beh, sicuramente questo è il bacio che non poteva mancare, chi non ha almeno una volta fatto finta di trovarsi sulla prua di una nave, insieme ad un affascinante Jack Dawson?
E' senza dubbio IL bacio, quello che non passerà mai di moda e che, inevitabilmente, non smetterà mai di farci sognare. Intramontabile. Immerso in uno scenario mozzafiato, dal sapore quasi epico.




3. Mary Jane e Spiderman (Spider-man)

Anche qua ci troviamo di fronte ad uno dei baci più originali del mondo del cinema, non solo, ma è stato apprezzato talmente tanto, da essere imitato e citato svariate volte in altri film e telefilm, se non addirittura nei libri, scatenando le fantasie di grandi e piccini. 
Un bacio bagnato, sotto una pioggia scrosciante, a testa in giù: un applauso a Mary Jane per la geniale pensata.



4. Lilly e Vagabondo (Lilly e il Vagabondo)

Nonostante si tratti un film d'animazione, il bacio tra Lilly e Vagabondo è senza dubbio uno dei più amati dal pubblico, ed anche questo, come il precedente, è stato citato e riproposto in numerosi contesti. Un bacio inaspettato, incoraggiato non solo un'atmosfera favolistica, ma soprattutto da uno spaghetto che si stava rivelando un po' troppo lungo. 




5. Sylvia e Marcello (La dolce vita)

Federico Fellini non manca di stupirci, e nel suo film del 1960, "La dolce vita", inserisce non solo un bacio che diventerà una colonna portante nella storia del cinema, ma idea una scena che diventerà simbolo del rinascimento cinematografico italiano. Ovviamente sto parlando dell'incontro tra Marcello e la diva del cinema Sylvia, nella fontana di Trevi a Roma; coronato alla fine da un bacio delicato quanto sfuggente tra i due.




6. Sophie e Julien (Amami se hai coraggio)

Il bacio finale tra Julien e Sophie nel film "Amami se hai coraggio" è forse uno dei più passionali di sempre, complice sicuramente il fatto della location in cui sono immersi (letteralmente) i protagonisti, ovvero in una cava appena prossima ad essere riempita col cemento. Un bacio mortale, destinato a diventare eterno.



7. Levante e Caterina (Il Ciclone)

Sì, so già cosa state pensando... "perché stai citando un film di Pieraccioni?!". Procediamo con calma. Premettendo che secondo me, il film in questione è godibile sotto ogni aspetto, trovo che il bacio pensato per i due protagonisti, sia veramente originale. Un lungo bacio in un posto improbabile (una carrozzeria) che sfida lo spettatore a non cadere in un inaspettato imbarazzo. 




8. David e Natalie (Love Actually)

Credo che questo sia uno dei baci più divertenti mai realizzati; il primo ministro inglese e la sua segretaria, si ritrovano a baciarsi durante la recita scolastica del nipotino di lei, dietro le quinte. Sfortunatamente non sanno che, alla fine della recita, quel punto esatto in cui si trovano verrà scoperto, rivelando così al mondo, non solo la loro relazione, ma anche il loro bacio, suscitando inevitabilmente la sorpresa e l'ilarità nei genitori/parenti presenti. 




9. Nick e Jess (New Girl)

Faccio uno strappo alla regola perché il bacio in questione non è di un film, bensì della famosa sitcom "New Girl"; tuttavia credo che questo sia stato il bacio che ogni fangirl come me ha atteso con ansia e trepidazione, è successo quando ormai non ci speravamo più, ed è per questo motivo che ci ha emozionato come non mai. 
Un bacio semplice quanto efficace, pronto a farci venire gli occhi a cuoricino.




10. Lucy e Jude (Across the Universe)

Ed infine ultimo, ma non per importanza, il bacio sott'acqua tra Lucy e Jude in "Across the Universe". Perché l'ho scelto? Semplicemente perché ho apprezzato il modo in cui è stato realizzato, facendolo diventare un'esperienza onirica ed inevitabilmente magica.





Eleonora Giovannini ©

sabato 4 luglio 2015

#Personal | I titoli dei film

Spesso mi soffermo a pensare chi sia il genio, che, sotto l'effetto di qualche strana sostanza, traduce i titoli dall'inglese all'italiano; anzi, forse sarebbe più appropriato dire "inventa titoli di sana pianta senza un minimo di nesso logico con l'originale".
Perché se almeno fossero tradotti letteralmente, senza cambiarne il senso, allora mi starebbe pure bene, ma purtroppo spesso e volentieri assistiamo a delle invenzioni che Dio solo sa da dove se le siano tirate fuori dalla mente.
Facciamo alcuni esempi: "Lost in traslation" diventa "L'amore tradotto", "Walk the line" diventa "Quando l'amore brucia l'anima", "The sound of music" diventa "Tutti insieme appassionatamente"... e vi giuro che questi sono solo pochissimi titoli che sono stati stravolti, potremmo stare qui un giorno intero ad elencarli tutti.
Ma lo so, so cosa state pensando, ne manca uno. Uno che tutti abbiamo maledetto almeno una volta nella vita, noi, incapaci del motivo per cui un simile titolo (peraltro bellissimo) abbia subito un'immonda trasformazione; non mi sono dimenticata di citarlo, anzi, l'ho tenuto per ultimo proprio perché credo che sia la ciliegina sulla torta. Sto parlando infatti di "Eternal Sunshine of the spotless mind" tradotto barbaramente in "Se mi lasci ti cancello".
Sì ragazzi, vi concedo un minuto di silenzio per assimilare (di nuovo) un tale shock. Ancora, a distanza di anni, mi chiedo come ciò sia potuto accadere, come sia stato permesso che, un titolo tratto da un verso del poema "Eloisa ed Abelardo" di Alexander Pope, sia diventato un titolo irrispettoso e superficiale.

Il verso "the eternal sunshine of the spotless mind", non solo viene citato nel film stesso, ma racchiude tutto il significato della pellicola.
Perché se è vero da una parte che Clementine, dopo la rottura con Joel, va a farsi rimuovere i ricordi di quest'ultimo (e quindi "se mi lasci ti cancello" è riferito a questo particolare fatto della trama), è anche vero che limitiamo fortemente il messaggio che tutto il film vuole dare allo spettatore.
La traduzione letterale del titolo inglese sarebbe "l'infinito splendore della mente immacolata" e a parer mio questo vuole essere un chiaro riferimento alla ricerca continua di Joel all'interno della sua mente, che, seppur priva di ricordi che lo legano a Clementine, tenta disperatamente di recuperare. La memoria è infatti influenzata da elementi affettivi, che fanno sì che si attivi un processo mentale che aiutano il protagonista a ricostruire i ricordi, perché belli o brutti che siano, l'hanno fatto diventare la persona che è.
Il film infatti non è una semplice commedia sentimentale come ci parrebbe di credere, ma anzi è una vera e propria riflessione sull'uomo e sui rapporti umani, affrontata con una sceneggiatura originale e dei giochi di montaggio che ci svelano tutte le sfaccettature della storia, come delle scatole cinesi.

Pensandoci a lungo, credo che la scelta italiana di voler cambiare così bruscamente il titolo, sia stata dovuta ad un semplice motivo di marketing; infatti essendo il protagonista interpretato da Jim Carrey, solito recitare in commedie leggere, ha fatto in modo di attirare l'attenzione verso un'ampia fetta di pubblico non abituato però ad assistere a film di spessore. Tuttavia questa scelta si è rivelata  anche un'arma a doppio taglio, perché se da un lato (all'uscita immediata del film) gli spettatori erano tanti, allo stesso tempo chi è solito guardare film di genere, non si è incuriosito minimamente al film, perdendo così un piccolo capolavoro.

Insomma, tutto questo deve finire.


Eleonora Giovannini ©




martedì 23 giugno 2015

#Personal | Sul set di Ron Howard

Fu Elisa, la mia migliore amica, ad avvertirmi che a Firenze (la nostra città) avrebbero fatto i casting per le comparse di un film americano; ancora nessuno sapeva esattamente quale fosse, anche se le più attendibili voci di corridoio rimandavano ad "Inferno", film tratto dall'ultimo capitolo della trilogia di Dan Brown, diretto da Ron Howard.
Il giorno dei casting me lo ricorderò per tutta la vita, faceva veramente caldo per essere Aprile, e la mia amica ed io avevamo il viso stravolto dall'afa fiorentina. Le persone in coda per tentare di accaparrarsi quella piccola parte, erano dei più svariati generi: anziani, uomini, donne, ragazzi e ragazze. Chi truccato e rivestito come se stesse in corsa per il ruolo da protagonista, chi invece (come me) coi vestiti indossati per andare all'università il giorno prima.
Compilammo un modulo, e ricordo l'ansia nell'inserire i dati giusti, e poi "ma cosa vuol dire capacità?!" e quel dannato codice IBAN che non ricopiavamo mai correttamente. Abbiamo fatto una fila nemmeno tanto lunga e siamo arrivate davanti ad un lungo tavolo, un po' come quello che ti ritrovi all'orale della maturità; ci hanno scattato due foto (singolarmente), solo due foto, ed il casting era concluso. Come in ogni occasione del genere che si rispetti, ci dissero il consueto "la richiameremo noi".
Ammetto che non mi sarei mai aspettata per nessun motivo al mondo che mi avrebbero richiamato, c'era davvero tantissima gente, figuriamoci se mi avrebbero scelta. Quindi non stetti nemmeno a pensare al casting più di tanto, volli parteciparvi solo per gioco, perché ho sempre amato e sognato di prendere parte ad un film professionale (anche per guadagnare quei cento euro al giorno come da contratto), ma non era il primo dei miei pensieri in quel periodo.
Eppure la telefonata arrivò. Inaspettata, quanto graditissima.
Alcuni dei miei amici/conoscenti erano già stati chiamati per fare da comparsa alcuni giorni prima, quindi posso ben dire che avevo davvero perso le speranze e mi ero abituata all'idea di non essere stata scelta. Eppure il cellulare squillò, ed io ringrazierò sempre me stessa per non essere così schizzinosa dal non rispondere ai numeri che non conosco. Mi dissero che ero stata selezionata per fare la comparsa, e che avrei dovuto presentarmi alle cinque del mattino nel luogo stabilito per le riprese; "sei disponibile?". Come avrei potuto dire di no?

Era il 7 Maggio quando mi svegliai (si fa per dire, dato che dormii solo un'ora) per recarmi sul set. Mia mamma mi accompagnò a Firenze nel cuore della notte, ed io, vestita per le riprese, camminavo emozionata per le buie vie della mia città.
Vi giuro che Firenze di notte è uno spettacolo mai visto, soprattutto in quelle ore, quasi all'alba. I tacchetti delle ballerine (che già mi stavano distruggendo i piedi) risuonavano veloci sulle strade lastricate seguendo il mio passo svelto. Ricordo che scansai un gruppo di tre ubriachi all'angolo di un vicolo, in preda al panico. Nonostante ciò, ero comunque colma di gioia ed eccitazione.
Fu mentre stavo raggiungendo il posto stabilito dallo staff per le comparse, che conobbi Simone; anche lui era stato selezionato totalmente a caso. Abbiamo iniziato a parlare ed è stato bello, perché non avrei mai pensato di poter trovare qualcuno con cui, questo semplice gesto, fosse talmente facile a primo impatto.
Una volta arrivati ci hanno chiamati, fatto firmare il contratto e il costumista (americano) studiava i nostri outfit. Eravamo in un vecchio cinema di Firenze ormai chiuso, e la sala che avevano occupato, era totalmente piena zeppa di vestiti. L'emozione cresceva a dismisura. Una volta finiti tutti i processi "burocratici" mi hanno spedita al "trucco e parrucco". Tre specchi giganti con tre makeup artists e un parrucchiere completamente a mia disposizione; sono stati gentilissimi e mi hanno fatto davvero sentire una star. Coccolata e viziata come non mai. In quel momento ho seriamente pensato a quanto sarebbe bello che ciò accadesse tutte le mattine, ma sorvoliamo.
Una volta finito ci hanno prima portati a fare colazione, e poi ci siamo diretti con l'aiuto regia sul set vero e proprio, in questo caso Ponte Vecchio. Erano solo le cinque del mattino, quindi era davvero freddo, specie perché eravamo vicini al fiume; siccome dovevamo essere vestiti in tenuta estiva, potete immaginare la mia sofferenza in quel momento. Ogni volta che arrivava una folata di vento freddo, ricordavo a me stessa che, se non altro, le basse temperature rassodano.

E' lì che, dopo Simone, ho conosciuto una ragazza di Napoli simpaticissima, Ilaria. Abbiamo cominciato a parlare del più e del meno tra una ripresa e l'altra ed è stato davvero bello, è incredibile (anche se per poco) imbatterti in persone che, in un modo o nell'altro, riescono ad arricchire la tua vita con pochissimo. Credo che il bello dei ricordi, delle persone di passaggio, risieda anche in questo. Niente è un caso, niente.
Chiusa questa parentesi pseudo filosofica, continuo il mio racconto. Purtroppo per ragioni vincolanti il contratto non posso dirvi che scena in particolare abbiamo girato (per la bellezza di dodici ore!), vi dico solo che era una scena d'azione bella tosta e che è stata una vera figata trovarmici in mezzo.
Ma l'emozione è cresciuta ancora di più quando Tom Hanks è venuto sul set a salutarci. Credo di essermi impietrita con un sorriso da ebete in faccia, perché me lo sono ritrovata accanto sul marciapiede tutto cordiale... chissà cosa avrà pensato! Quelle dodici ore sono trascorse davvero lentamente, e per una volta mi sono davvero goduta quel momento; da cinefila quale sono è stato troppo bello vedere cosa c'è dietro la produzione di un film, come viene girato, studiato, come vengono pensate le singole scene, come si devono muovere le persone. I carrelli con la telecamera, le Jeep velocissime con la camera montata sù per riprendere tutto, il regista e i tecnici che ridevano come pazzi mentre lavoravano. Insomma, credo che poche volte abbia provato una simile euforia.

Lo so, starei qui a parlare per ore e raccontarvi tutto, ma mi fermo qua, alla fine credo di avervi raccontato ciò che più meritava essere raccontato. Posso solo dirvi che auguro a tutti di poter vivere almeno una volta quello che ho vissuto io, e che adesso (forse per la prima volta) ho davvero capito quanta fatica ci sia dietro la realizzazione di un film e quanto orgoglio e soddisfazione ci sia nel vincere un Oscar.
Prendete questo post come un semplice sfogo di egocentrismo e della mia voglia, stasera, di tuffarmi nei bei ricordi. Certe cose capitano davvero rarissime volte nella vita.

Eleonora Giovannini ©




lunedì 22 giugno 2015

Quando il cinema incontra la cucina: Chocolat

Film del 2000 diretto da Lasse Hallstrom, "Chocolat" è uno di quei film pronto a farci sognare.
Da che mondo è mondo si sa, il cioccolato ha sempre quel gusto particolare che ci porta verso una inspiegabile felicità (quella che fa danzare le nostre papille gustative e la nostra endorfina per intenderci), se poi a ciò aggiungiamo anche un Johnny Depp nel fiore degli anni, nelle vesti di uno zingaro misterioso quanto affascinante, allora il gioco è fatto.

Un film delizioso sotto tutti i punti di vista, ricco di quella magia fiabesca che ci ricorda tanto l'infanzia e che è impossibile non amare.
La storia si svolge in una piccola cittadina chiamata Lansquenet (Francia) nella quale abitano cittadini stanchi, apatici, abituati a nascondere le loro passioni e desideri. Ben presto però le cose cambieranno, quando una giovane donna, Vianne (Juliette Binoche), trasferitasi nel piccolo paese insieme alla figlia, aprirà una cioccolateria proprio durante il periodo quaresimale, scatenando così le ire dei rispettabili e bigotti cittadini.
Vianne infatti è totalmente agli antipodi rispetto al resto degli abitanti; per niente devota alla religione e portando avanti il valore della libertà, alzerà un vero e proprio scompiglio a Lansquenet. Lei stessa non perderà occasione di socializzare con un gruppo di zingari, del quale fa parte il fascinoso Roux, piuttosto che recarsi a messa.
La cosa curiosa è che, nonostante gli strani personaggi che popolano il paesino, siano diffidenti nei confronti della gentile Vianne, sono allo stesso tempo attratti dalla sua cioccolateria, ma soprattutto sarà proprio grazie alle sue creazioni al cioccolato, che riusciranno a far riemergere la loro sopita parte passionale, dimostrando che ognuno di quelle persone in realtà nasconde segreti tutt'altro che rispettabili quanto al limite del decoro. Ed è così inizia un vero e proprio gioco nel quale la nostra Vianne si divertirà ad indovinare il gusto preferito di ogni abitante, azzeccandoci sempre (o quasi): dai cioccolatini a forma di capezzolo, alle praline ripiene e chi più ne ha più ne metta.
Sarà il nostro Roux però a metterla in difficoltà; infatti nonostante tenti spesso di stupirlo con ricette deliziose, scopriremo che il cioccolato che preferisce è semplicemente una cioccolata calda.

E così, preti amanti della musica di Elvis, casalinghe lussoriose e zingari affascinanti, si alternano in una pellicola all'insegna del divertimento, della riflessione e del buon gusto. Una commedia sentimentale che tuttavia stupisce, in quanto è riuscita perfettamente a conciliare una storia semplice, senza mai risultare banale.
Inutile negarlo, il cibo in maniera del tutto inaspettata, si dimostra in grado risvegliare le nostre passioni nascoste, e questo film ce lo svela chiaramente (un po' alla maniera di Boccaccio).

Concludendo, dichiaro apertamente di aver voluto parlare di questo film per via del ciclo appena arrivato e la voglia di cioccolato, lo ammetto, mi sta divorando (credetemi che appena finirete di vedere "Chocolat", correrete in cucina alla disperata ricerca di un cubo di cioccolato nascosto in fondo alla dispensa, oppure vi affannerete fino al supermercato per comprarla se non ne avete).
Quindi se non l'avete ancora visto (mi rivolgo a quei pochi stolti) rimediate immediatamente! Il cioccolato non vi deluderà mai.


Eleonora Giovannini ©





lunedì 8 giugno 2015

Un telefilm al giorno | Breaking Bad

Torno dopo un mese sul mio blog perché, oltre allo studio che mi porta via diverso tempo, ho voluto concentrami su una serie tv che ho rimandato di vedere troppo a lungo; sto parlando del telefilm cult Breaking Bad diretto da Vince Gilligan.
Sarà difficile trovare le parole adatte per quella che definirei "un'opera del piccolo schermo", ma ci proverò. Breaking Bad è forse una delle poche serie che ha messo d'accordo sia critica che pubblico, portandosi a casa Emmy Awards e Golden Globe come se non ci fosse un domani, e ciò è assai raro per una serie concepita per la tv. 
Tuttavia a ben guardare, Breaking Bad è allo stesso tempo un telefilm atipico e non convenzionale, dal momento che vanta di un forte realismo e sdogana i canoni comuni dei precetti televisivi. 


La trama

La storia narra le vicende di un comune cittadino americano, Walter White, che, alla soglia dei suoi cinquant'anni, scopre di avere un cancro ai polmoni. Di colpo, la sua vita gli pare priva di senso, egli si rende conto che non ha mai vissuto come avrebbe voluto, preda di una latente insoddisfazione che sarà costretto a trascinarsi nella tomba.
Decide così, all'inizio per necessità, ma poi per auto affermarsi e sentirsi realmente vivo, di mettere in piedi un monopolio della droga sfruttando le sue conoscenze di professore di chimica, "cucinando" e spacciando metanfetamina. Con lui ci sarà Jesse Pinkman, suo ex alunno tossico dipendente e anch'egli spacciatore. 

Nonostante sia una serie tv, e quindi composta da singoli episodi, la storia ci appare un vero e proprio climax, essi sono strettamente legati l'uno all'altro, tanto che viene meno il concetto stesso di "episodio" come avviene nei più comuni telefilm. 
Ogni personaggio, di media o grande importanza, ha la propria collocazione specifica all'interno della storia, ognuno di essi è fondamentale per dare il senso totale della trama ed è estremamente funzionale; viene spontaneo il paragone con un grande puzzle, in cui ogni tassello deve stare in quel determinato posto per formare il quadro completo. 

Il protagonista, Walter è forse uno dei più interessanti e meglio riusciti nella storia delle serie tv, la particolarità sta senza dubbio nel fatto che per la prima volta in assoluto, si sia voluto incentrare una storia su un personaggio che non è una sorta di anti eroe, ma un vero e proprio antagonista. Per la prima volta hanno dato lustro al "cattivo" facendolo diventare non solo una sorta di punto di riferimento per il pubblico, ma anche motivo di ammirazione e sdegno allo stesso tempo.
Ho riflettuto a lungo riguardo la sua figura, all'inizio trovavo difficile credere che potesse esistere un personaggio come Walter proprio perché ero sempre stata abituata ad un altro genere di telefilm, in cui di norma il protagonista si identifica nel ruolo del "buono"; tuttavia, appena ho compreso il vero scopo di Vince Gilligan, ho trovato questo suo espediente, fantasticamente geniale. Forse è proprio qui che noi stessi possiamo realmente comprendere quanto determinate azioni siano sbagliate, ce lo fanno capire perché il protagonista stesso le vive e ne è completamente preda. Credo che chiunque abbia visto questo telefilm, sia arrivato ad altissimi picchi di riflessione e presa di coscienza; non solo, ma credo anche che facendo diventare un antagonista, protagonista, abbia portato gli spettatori a ragionare in un'ottica differente, interrogandosi sul perché e che cosa spinge un uomo normale come Walter a diventare un vero e proprio criminale.

Il cancro, il non sentirsi adeguato al mondo e la sua improvvisa voglia di riscatto, saranno i motivi che faranno di Walter White un uomo malvagio, che raramente agisce per necessità o semplice avidità, dietro i suoi gesti c'è, paradossalmente, uno scopo "alto". 
Pur non essendo un tossico dipendente, è comunque drogato dal suo mestiere di "cuoco", l'unico che sia riuscito a dare un senso alla propria esistenza, a farlo sentire realmente vivo e potente proprio quando è cosciente di stare per morire e sa che non avrà mai alcun potere di fermare la morte. Inganni, bugie, violenza e rabbia si sostituiscono a quella che un tempo era la sua mite personalità di professore e cittadino comune. 
Walter White e Breaking Bad ci mostrano la discesa nella perdizione di un uomo come ce ne sono tanti al mondo, ci mostrano chiaramente che fatti del genere sono tutt'altro che fittizi ma del tutto possibili. 

Anche gli altri personaggi, come la moglie Skyler, il figlio Walter Jr., il cognato Hank e la cognata Marie, l'avvocato Saul Goodman, il nemico/amico Jesse Pinkman e molti altri, sono tutti caratterizzati da una forte introspezione psicologica che li rende straordinariamente umani, veri, reali. 
Sarà impossibile non affezionarsi, o perché no odiare, qualcuno di loro. 
Nessuna scena è lasciata al caso, e, come ho precedentemente accennato, è studiata in ogni minimo dettaglio; alcune in particolare sono terribilmente violente, quanto vere, nessuno viene risparmiato se è stato deciso che deve morire, nessuno viene fatto morire se è stato deciso che deve essere salvato.
Episodi sorprendentemente cruenti si alternano a picchi drammatici, ma anche sarcastici/ironici (vedi il personaggio dell'avvocato Goodman).

Per finire, non ritengo di esagerare quando affermo che sia una delle migliori, se non la migliore, serie tv di tutti i tempi e che davvero, dopo Breaking Bad, sarà difficile trovarne un'altra che sappia coinvolgere e conquistare alla stessa maniera, in quanto a stile e ricercatezza.


Eleonora Giovannini ©





venerdì 8 maggio 2015

Mamma mia!

In occasione della festa della mamma, ho deciso di parlarvi del film del 2008 "Mamma mia!", tratto dall'omonimo musical scritto da Catherin Johnson e diretto da Phyllida Lloyd; il titolo (come tutti sapranno) è ripreso dalla celebre canzone del gruppo svedese ABBA, gruppo che ha inoltre composto con i propri brani di successo, l'intera colonna sonora.
Il cast stellare è composto da: Meryl Streep, Amanda Seyfried, Colin Firth, Julie Walters e Pierce Brosnan.

Le vicende si svolgono su una ridente località greca chiamata Kalokairi nella quale, madre e figlia, gestiscono un albergo dal nome "Villa Donna"; quando Sophie (la figlia) decide di sposarsi, e quindi desidera conoscere l'identità del padre, dopo aver letto un vecchio diario di sua madre, scopre che potrebbe averne addirittura tre.
Decide così di invitarli tutti sull'isola in occasione del matrimonio e scoprire chi tra di loro sia il padre naturale; da questo momento in poi, si susseguiranno delle divertentissime scene in cui Donna (la madre di Sophie) cerca in tutti i modi di evitare i suoi tre ex amanti, soprattutto per il bene della figlia, nonostante quest'ultima cerchi fino all'ultimo di nascondere la loro presenza sull'isola.

Da amante dei musical, credo che questo sia uno degli adattamenti cinematografici meglio realizzati, nonostante diverse scene siano molto teatrali (soprattutto quelle di ballo e di canto), ho apprezzato moltissimo il taglio leggero che è stato dato all'intera trama.
Un film che non vuole prendersi troppo sul serio nonostante la storia tocchi temi di per sé abbastanza di spessore (e a tratti surreali); la serietà lascia il posto a tantissima auto ironia e la storia non vuole prendersi troppo sul serio, così come ci viene mostrato dagli otto protagonisti. E' una leggerezza intelligente che vuole comunque dirci qualcosa, ovvero che l'amore di una madre è così grande da eclissare anche la mancanza della figura paterna, essendo Donna stata capace di occuparsi della figlia da sola, compiendo mille sacrifici.

Anche se è un film di forma, più che di contenuto, mi è piaciuto moltissimo; è uno di quei film che ti fa trascorrere due ore in assoluta tranquillità, lasciandoti inevitabilmente in testa le canzoni degli ABBA. Senza dubbio gli attori che compongono il cast, contribuiscono a rendere la storia comunque molto credibile, meravigliosa Meryl Streep (arrivata proprio con questa pellicola alla sua quindicesima candidatura all'Oscar), nel ruolo della madre eccentrica, ironica e divertente, che nonostante sia in là con gli anni fa comunque la sua porca figura.
Stupende anche le ambientazioni, le coreografie e i costumi, questi ultimi in stile dance anni '70 proprio in tema con le canzoni degli ABBA.


Eleonora Giovannini ©




 

mercoledì 6 maggio 2015

Amami se hai coraggio

Film franco-belga del 2003, "Amami se hai coraggio" è il primo lungometraggio diretto da Yann Samuell; tra gli attori protagonisti troviamo Guillaume Canet e Marion Cotillard.

Julien è un bambino che sta per diventare orfano di madre, Sophie una bambina polacca derisa da tutta la scuola per il suo essere "straniera"; da tutti tranne Julien, con il quale deciderà di vendicarsi, compiendo delle divertenti malefatte.

La chiave risiede in una scatola di caramelle vuota, chi ce l'ha, lancia la sfida e non deve per nessun motivo tirarsi indietro. Una volta portata a termine, la scatola (e di conseguenza la sfida) passa nelle mani dell'altro.

"Giochi o non giochi?"
"Gioco"

Il gioco si protrae così dall'infanzia per poi passare all'adolescenza e all'età adulta, senza esclusione di colpi; dallo sfidarsi a fare pipì nell'ufficio del preside, ad atti osceni in luogo pubblico, finti innamoramenti, "no" all'altare e via dicendo. Tra i due protagonisti percepiamo una certa chimica, quella chimica che ci farebbe pensare ad un'imminente dichiarazione d'amore, ma che puntualmente viene rimandata a causa di un nuovo gioco.
Quello che prima sembrava un divertente passatempo infantile, si trasforma in una strana perversione, che sfocia quasi in atti eroistici ed autocompiacimento. La loro è un'attrazione folle, cinica, spietata, anche se il regista non manca di inserire nella pellicola, quegli elementi che la rendono allo stesso tempo una storia d'amore pronta a farci sognare. 
Un divertente rincorrersi che sembra sempre una continua sfida a resistere alle rispettive attrazioni, più resistono al fascino dell'altro e più sono affascinanti, più cedono alle provocazioni e più tornano ad essere tristi e scontati.

Lo spettatore verrà catapultato nello stesso gioco di Julien e Sophie, rimanendo col fiato sospeso fino alla fine; colpiti nello stomaco, ci renderemo conto che l'amore può durare in eterno solo se non viene mai fissato nel tempo e nello spazio, ma sfidandolo anzi fino a rischiare la morte. 
Il film è una sintesi vera e propria del concetto di eros e tanatos (amore e morte) che sfocia in un parossismo veramente coinvolgente. 

Il gioco finirà? Se sì, come? 
Una cosa è certa: finché c'è gioco, c'è speranza.


Eleonora Giovannini ©





domenica 3 maggio 2015

Moonrise kingdom

C'è una canzone del gruppo musicale romano Cani, intitolata "Wes Anderson" e recita così:

"Vorrei vivere in un film di Wes Anderson:
  Inquadrature simmetriche e poi partono i
  Kins. Vorrei l'amore dei film di Wes 
  Anderson, tutto tenerezza e finali agrodolci"

Questi pochi versi sono esattamente la descrizione del film di cui vi voglio parlare, ovvero "Moonrise kingdom", uscito nel 2012 e diretto, ovviamente, da Wes Anderson.
Il cast d'eccezione è composto da Edward Norton, che si rivela sempre più straordinario, Bill Murrey e Bruce Willis.
Tuttavia i veri protagonisti della storia in questione sono un gruppo di bambini scout, nel quale uno di loro, Sam, metterà in atto una vera e propria "fuga d'amore" con una ragazzina, Susie.

Ambientato negli anni '60, le vicende si svolgono in un'isoletta popolata da diversi campi scout e piccoli villaggi. Sam e Susie si conoscono ad una recita e subito scatta qualcosa che li porterà a diventare, prima amici di penna, e poi complici della fuga.
Ma perché i due protagonisti decidono di scappare? Entrambi vivono due situazioni familiari difficili, Sam è orfano dei genitori, mentre Susie sa che la madre tradisce il padre con il poliziotto della cittadina in cui vivono; il loro scopo è quindi quello di ritrovare insieme l'infanzia, strappatagli proprio a causa di questi eventi spiacevoli che li portano a crescere e maturare prima del tempo. Il loro stesso amore è molto maturo rispetto all'età che hanno, proprio perché entrambi sanno comprendersi e capiscono il dolore che entrambi vivono.
Questo è particolarmente evidente quando ci vengono mostrati i comportamenti di Sam e Susie e quelli degli altri bambini del campo scout; questi ultimi sono portati ad ubbidire, a ragionare secondo delle regole attenendosi ad esse in modo del tutto infantile (come è anche giusto che sia).
Tuttavia, nel corso della storia, anche loro sapranno mettersi nei panni dei loro compagni fuggitivi, cresceranno a loro volta e saranno capaci di provare una forte empatia, tipica caratterista (anch'essa) dell'infanzia. E' così che questi piccoli bambini saranno i veri eroi della fuga, se prima cercheranno di ostacolarli tentando di riportarli al campo base, successivamente diventeranno dei veri e propri complici.

La giovinezza adulta di Sam e Susie, ci sa regalare nonostante tutto un'atmosfera di fiaba, un mondo idealistico e fantastico, in opposizione a quello squallido e meschino dei grandi. E' una fiaba per adulti recitata da bambini.

La trama, ricca di avventura, ironia e no sense, è incastonata in una regia sublime, solo come Wes Anderson sa fare. Colori caldi, inquadrature paesaggistiche e simmetria, sono le caratteristiche di una fotografia che incanta.
Bella anche la colonna sonora composta da Alexandre Desplat, il quale ha voluto includere pezzi cantati dalle voci bianche del repertorio di Benjamin Britten.

Un film da vedere e rivedere e rivedere!


Eleonora Giovannini ©








domenica 26 aprile 2015

Prova a prendermi

Forse non è uno dei film di maggior successo di Steven Spielberg, ma secondo il mio punto di vista, merita tantissimo, tanto che è diventato nel corso degli anni uno dei miei preferiti, il classico film che consiglierei di vedere a chiunque.
Sto parlando di "Prova a prendermi", del 2002, con un cast d'eccezione composto da: Leonardo Di Caprio, Tom Hanks, Christopher Walken ed una Amy Adams alle prime armi.
Divertente commedia americana ambientata negli anni '60, è tratta dalla vera storia dell'ex truffatore Frank Abagnale Jr., famoso per aver imbrogliato e truffato lo Stato in maniera a dir poco geniale.

Frank Abagnale Jr., è interpretato dal grandissimo Leonardo Di Caprio, egli è un giovane studente che si troverà ad affrontare, prima la disfatta economica della sua famiglia un tempo benestante, e successivamente il divorzio dei genitori. Quando Frank si trova così a dover scegliere a chi dei due vuole che venga affidato, viene preso dallo sconforto e scapperà di casa.
Senza un soldo in tasca, il giovane capirà che per cercare di vivere una vita dignitosa, nell'illusione di riunire i genitori e tornare ad essere una famiglia felice, l'unica strada è quella della truffa. Mette in piedi dei veri e propri espedienti ingegnosi e quando inizia a constatare con i propri occhi che riesce ad abbindolare il prossimo, decide di esagerare senza alcuna remora, diventa quindi una sorta di arrampicatore sociale, desideroso di provare a vestire i panni dei più alti ranghi della società. Nel giro di poco tempo riuscirà a fingersi pilota di volo, medico e avvocato senza destare il minimo sospetto tra chi gli sta intorno.
Ovviamente chi si accorgerà di lui sarà la polizia, in particolare l'agente Carl Hanratty (Tom Hanks) sarà colui che si occuperà del caso. E' qui che si darà il via ad un inseguimento senza precedenti, pittoresco, divertente e scatenato; la caccia al ladro diventa qualcosa di più, non è solo legalità contro illegalità, ma il concetto si amplia e notiamo come il rapporto tra Carl e Frank si trasformi in un conflitto di odio/amore, di età matura che cerca di correr dietro all'adolescenza. Nonostante siano due avversari, finiscono col volersi bene diventando indispensabili l'uno per l'altro, anzi, credo che si crei proprio un rapporto quasi familiare.

Una pellicola che dà spazio al divertimento, che vuole lasciare da parte qualsiasi tipo di moralismo, tanto che il finale lascia moltissima speranza ad uno spettatore che nel corso del film si affezionerà inevitabilmente al giovane Frank Abagnale Jr.

Ciliegina sulla torta è senza dubbio la colonna sonora, composta dallo straordinario John Williams, che tutti noi ricorderemo per le meravigliose musiche senza tempo di Harry Potter, Star Wars, Lo Squalo, Indiana Jones e chi più ne più ne metta.
Premio Oscar senza dubbio meritatissimo, ogni sua nota è come sempre indimenticabile.


Eleonora Giovannini ©




Coraline e la porta magica

Diretto da Henry Selick (lo stesso regista di "Nightmare before Christmas"), "Coraline e la porta magica" è un film d'animazione realizzato in stop-motion, uscito nelle sale nel 2009. La storia è tratta dal libro di Neil Gaiman, uscito nel 2002.
Premettendo che non ho avuto occasione di leggere il libro, mi baserò soltanto sul film in questione.

Pur essendo una storia così detta "per bambini", a parer mio è molto tetra, così come ci è stato mostrato nella pellicola stessa. Sia le scene, che le ambientazioni sinistre, i personaggi e le vicende che si susseguono nel corso della trama sono a dir poco inquietanti e ti lasciano inevitabilmente addosso un senso di paura e angoscia.
Tuttavia, ritengo che questo film sia senza dubbio un'ottima commedia horror per iniziare proprio i bambini a questo genere, non solo, ma racchiude in sé diversi elementi formativi che ho apprezzato moltissimo e che ogni bambino dovrebbe vedere.

La protagonista, Coraline, si è appena trasferita in una casa nuova, immersa in aperta campagna; i suoi vicini di casa sono alquanto bizzarri: due anziane attrici amanti dei cani e un vecchio signore che sogna di avere un circo di topi. La bambina si mostra fin da subito avversa a questo luogo, dal momento che non c'è mai niente di interessante da fare, lei si definisce spesso una grande esploratrice, ma non riesce ad avere gli stimoli giusti per divertirsi. Inoltre, i suoi genitori sono impegnati tutti il giorno per lavoro, stanno al computer quasi ventiquattro ore su ventiquattro, non curandosi minimamente di passare del tempo ludico insieme a lei.
Un giorno, quando Coraline fa notare al padre il suo malessere, lui le consiglia di contare tutte le cose blu che ci sono in casa e il numero delle porte presenti. La bambina coglie al volo quell'occasione e si mette ad esplorare casa da cima a fondo; in modo assai curioso viene a conoscenza di una piccola porticina alta circa un metro, situata in salotto, che però una volta aperta si scopre essere murata. Durante la notte, Coraline viene svegliata da due topolini che la conducono nuovamente di fronte a quella porticina che, stavolta, si scopre condurre in un'altra dimensione, una sorta di mondo riflesso, un mondo parallelo in cui tutto è esattamente come nella realtà, ma più bello.
In questa dimensione i genitori della bambina sono presenti, premurosi, la riempiono di giochi, di dolci e di affetto; è un mondo pieno di colori in cui ognuno ha ed è ciò che più desidera. Le anziane attrici recitano come avevano fatto in passato, il vecchio signore ha realmente un circo in cui fa esibire dei topi ballerini.
Coraline verrà così inevitabilmente attratta da tutta questa magia che riesce a toccare con mano, una realtà che avrebbe sempre voluto avere. Ma come ci hanno sempre insegnato, non è tutto oro quello che luccica, e ben presto la protagonista si ritroverà a lottare nel vero senso della parola, contro una "altra madre" che vorrebbe cucire sugli occhi di lei, due bottoni neri. I bottoni neri sono una sorta di metafora per affermare la mancanza di volontà di ogni persona presente in quel mondo fittizio, essendo tutte marionette di quella madre.
L'amore che inizialmente vuole farci credere che questa donna provi, è in realtà desiderio di possessione, di incatenamento, forse rappresenta l'amore possessivo che certi genitori riservano ai figli in maniera completamente distorta. Credendoli felici nel riempirli di doni e dolci, in realtà sono intrappolati in una vera e propria realtà che li rende schiavi.

Questo per insegnarci che quello che è più bello, non sempre è quello più giusto per noi.


Eleonora Giovannini ©