lunedì 20 aprile 2015

Il giovane (Elio) favoloso

Quanti di noi, alle superiori, avranno trascorso pomeriggi interi a studiare Leopardi? E quanti ancora l'avranno odiato per il suo essere "depresso cronico"?
Inutile negarlo, tutti noi l'avremmo pensato almeno una volta, anche i più affezionati alla letteratura italiana. Se non altro, credo che forse sarebbe opportuno che, dall'anno prossimo in poi, in tutte le scuole superiori d'Italia, venga fatto vedere il film diretto da Mario Martone, uscito nel 2014 nelle nostre sale, dal titolo "Il giovane favoloso", nel quale viene narrata la vita dello straordinario poeta quale è stato Leopardi.
Credetemi che non è lo stesso Leopardi che i professori vi fanno studiare a scuola, anzi, credo che tutti noi saremmo in grado di amarlo un po' di più, se non quantomeno affezionarci.
In questo film, il protagonista è interpretato in modo egregio dallo straordinario Elio Germano, al quale avrei regalato senza batter ciglio un Oscar alla migliore interpretazione. E' riuscito ad incarnare l'anima del poeta in modo sublime, quanto naturale.

La pellicola racconta la vita di Leopardi, dall'infanzia fino al suo soggiorno a Napoli insieme all'amico Ranieri. Ci viene illustrata passo, passo e in modo delicato la psicologia del poeta, in tutte le sue sfaccettature; un bambino, un ragazzo e poi un uomo minato da una salute cagionevole, in eterno conflitto con se stesso, le sue volontà, le sue pulsioni, ma anche con una madre assente e distaccata e un padre fin troppo soffocante.
Ci è sempre stato dipinto un Leopardi schiavo di questo sistema di rigidità familiare, quando invece, secondo il mio punto di vista, lui fu una vera e propria rock star, un ribelle dall'animo indomabile. Alla prima occasione non perde infatti tempo per tentare la fuga da Recanati (il luogo natio), inoltre inizia a scrivere trattati, poesie ed opere dal contenuto alquanto scomodo con il pensiero dell'epoca. Cresciuto in un paese bigotto, non ha timore a sdoganare in modo mirabile quelle teorie e convinzioni portate avanti dalla Chiesa di Roma; egli infatti inizia ad elaborare una vera e propria filosofia laica sulla vita e tutto ciò che essa racchiude.

Ho adorato come è stato reso il momento della creazione delle poesie più belle di Leopardi, è come se gli sgorgassero dall'anima, come un fiume che rompe gli argini, tra visioni di sogno ed esperienze di vita. Elio Germano le ha sapute interpretare in maniera eccelsa, sapendo allo stesso tempo rimanere spontaneo, senza risultare eccessivamente solenne o aulico.
Ed è proprio questo in fondo che Leopardi era, una persona colta ma di animo umile, col desiderio sopito di godere a pieno di ciò che la vita poteva offrirgli; curioso di scoprire i meccanismi dell'esistenza, delle abitudini umane, di ciò la Natura dà e toglie all'uomo senza curarsene.
Bellissima la scena durante la quale Leopardi si attarda in una piazzetta di Napoli a mangiare e bere vino insieme a un gruppo di uomini balordi; o ancora quando, contro quanto detto dal medico, non rinuncia al piacere di un gelato. Forse è proprio qui che si capisce ciò che il poeta è realmente stato.
Ho visto in lui una pungente ironia nei confronti di una società votata alla pretesa della felicità delle masse, ma incurante di quella dell'individuo, per la quale molti sembrano ignari.

"Io non ho bisogno di stima, o di gloria, o di altre cose simili. Io ho bisogno di amore, di entusiasmo, di fuoco, di vita!" 

E' quindi sbagliato definirlo depresso, quanto piuttosto brillantemente consapevole. Lui stesso dirà in un dialogo con degli illustri studiosi che lo accusano di essere troppo pesante, che spetta agli uomini decidere quale che sia il meglio per loro e non vedere nei suoi scritti dei dogmi da seguire.

L'ho trovato un film fortemente didascalico, anzi, credo anche che Mario Martone abbia volutamente fatto in modo di riportare gli italiani ad amare questo immenso poeta, come già detto, spesso inquadrato in una visione distorta.
Il registra ci mostra non solo un Leopardi dal grande ingegno, ma anche la parte più umana, dal suo rapporto con la morte di Silvia, alla delusione d'amore con Fanny, al rapporto quasi simbiotico con Ranieri, le difficoltà dovute alle sue malattie. Ci viene raccontata una sofferenza umana e poetica, il cui dolore viene affrontato in modo delicatissimo ma potente allo stesso tempo.

Altro plauso va senza ombra di dubbio ad una fotografia che incanta, nella quale colori caldi e freddi si alternano dolcemente, complice sicuramente le bellissime ambientazioni di cui questa pellicola ha goduto.
Geniale anche la colonna sonora del compositore tedesco Sasha Ring, particolare perché è musica esclusivamente elettronica che, tuttavia, la fa da padrone.


Eleonora Giovannini ©








Nessun commento:

Posta un commento